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LA PAROLA

2A Corinto, Paolo trovò un giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i giudei. Paolo si recò da loro 3e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende (…).

18Paolo s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila (…) 19Giunsero a Efeso, dove lasciò i due coniugi (…). 24Arrivò a Efeso un giudeo di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. 25Questi era stato istruito nella via del Signore e con animo ispirato parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. 26Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga.Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. (Atti 18, 2-26)


Forse fu a Roma, tra i primi cristiani della città, che Priscilla e Aquila incontrarono e accolsero Gesù. Originari dal nord dell’attuale Turchia, non sappiamo le ragioni che li avevano portati alla grande capitale. Fatto sta che quando nel 49 scoppiarono dispute fra giudei e cristiani, la coppia fu tra coloro che l’imperatore Claudio scacciò dalla città.

Ripresero dunque il mare per un mezzo viaggio di ritorno, fermandosi a Corinto. Là, i due sposi furono il seme cristiano nascosto della comunità, che Paolo fonderà quando l’anno dopo, reduce dal mezzo fiasco di Atene e all’estrema tappa di un lungo viaggio, arriverà nella città. Priscilla e Aquila furono per Paolo una di quelle sorprese di tenerezza che Dio non manca mai di dare a quanti lo servono.

Furono per lui casa, amicizia, possibilità di lavoro, inattesa occasione di un discorso di fede condiviso.

Certo Aquila e Priscilla ebbero un supplemento di catechesi straordinario. Nessuno sa quanto fu il dare e l’avere in quegli scambi serali, dopo una giornata di lavoro. La vita li aveva già sballottati, ma non ci pensarono due volte, un anno e mezzo dopo, a chiudere casa e laboratorio e a seguire Paolo nel suo viaggio in mare fino a Efeso.

Discepoli e apostoli. A Efeso Paolo non passa molto tempo, ma lascia loro, ormai non solo discepoli ma apostoli. Apostoli degli apostoli, perché quando arriva Apollo tanto ardito quanto inesperto, lo prendono con delicatezza in disparte e gli trasmettono quanto anch’essi hanno ricevuto. Apollo ascolta, reimposta il suo messaggio e la comunità scrive per lui una lettera di raccomandazione quando egli parte per Corinto.

Quanto a Priscilla e Aquila, la loro casa è la chiesa dei primi cristiani di Efeso (1Cor 16,19; Rom 16,5). Su di loro c’è tanto di non detto; lo possiamo solo intuire quando Paolo scrivendo ai Romani li definisce “miei collaboratori in Cristo Gesù”, e racconta che hanno rischiato la pelle per salvargli la vita; e a Timoteo, che ben li conosceva dai tempi di Corinto, dice di salutarli (2Tim 4,9).

Quello che affascina in questi due sposi è la sintonia che li vede sempre citati insieme, prima l’una e poi l’altro, prima l’uno e poi l’altra.

Una vita cui la fede ha impresso direzioni impensate. Una dedizione a far crescere più che a essere protagonisti. Un rischio messo tranquillamente in conto. E tutto questo, insieme.

Possiamo solo desiderare storie così, sintonie matrimoniali orientate da una comune passione per Cristo. Priscilla e Aquila lo raccontavano come danzando insieme per lui

In un Amore che non toglieva niente al loro amore, anzi lo cementava e lo apriva su spazi immensi.

Nella loro casa, come in un grembo, la comunità si alimentava della Parola, del Pane spezzato e della Comunione, e capiva meglio che il sogno di Dio è fare di un’umanità dispersa una sola famiglia, la sua famiglia.



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