Scrive P. Arnoldi dal Burundi agli amici della Sardegna
Il nostro amico e fratello Salvatore Fiori ci ha lasciato: i Barundi, abitanti del Burundi, popolo presso cui faccio missione, direbbero che Salvatore "yaritavye Imana": ha risposto all'appello di Dio". Nei frequenti incontri ad Albino, in provincia di Bergamo, dove Salvatore risiedeva con sua moglie Luduina, abbiamo avuto modo di conversare a lungo e su tanti argomenti, il suo argomento era la Chiesa, e in particolare quella della Sardegna. L'amava moltissimo.
Voleva una Chiesa aperta ai problemi dell'uomo, una Chiesa missionaria. Per lui era rimasta la sua prima sposa, come dovrebbe essere per ogni battezzato. Non l'aveva mai abbandonata anche quando gli era parso che i suoi pastori gli fossero ostili per le sue posizioni. Il suo amore un poco tormentato alla Chiesa era soprattutto con i suoi pastori. Era consapevole che la Chiesa deve essere profetica, e se vuol essere fedele alla sua missione, in certe circostanze, deve anche sporcarsi le mani dicendo una parola chiara, anche se di parte.
Salvatore era appassionato della verità. La cercava continuamente e dentro la Chiesa. Era convinto che la verità abita la Chiesa ed è li che vi si trova in modo più pieno. Ora questo è impossibile, perché la verità sta sempre davanti a noi. Nella ricerca appassionata e a volte violenta della verità, si può scambiare la propria opinione o il proprio punto di vista come la verità piena. Ora la verità è una realtà molto più grande, e per noi che siamo alla sua ricerca, essa rimane complessa, per cui dobbiamo stare uniti nella ricerca dialogando continuamente.
Salvatore era un'anima profonda, sempre in cammino verso la santità di Dio. Nei colloqui spirituali partiva sempre da combattente, ma poi facendosi attento, ascoltava e smorzava i toni accettando di integrare il suo punto di vista con quello degli altri. La sua vita non è stata facile, proprio perché era stato un prete scomodo e lo è rimasto fino alla fine. La sua parola e i suoi scritti abbondanti, sia di storia che di poesia sono il segno e l'espressione di questo desiderio profondo di cercare e dire la verità anche quando i sentimenti si mescolano alla verità di Dio.
In un tempo smorto come il nostro in cui la passione per la verità sembra spenta, lasciando posto alla semplice opinione, del fare come mi piace, dove ognuno è libero di pensare come vuole purché lo si lasci in pace, sentiamo una certa nostalgia di persone come Salvatore, capaci di dare gusto e senso alla vita. Solo in questo sforzo comune verso la verità si diventa capaci di vivere insieme la passione e nella gioia, il resto è banalità effimera.
Il messaggio è soprattutto rivolto ai giovani di oggi. Per quanto conosco della Sardegna e i suoi abitanti, sarebbe un peccato che si adagiassero in un relativismo qualunquista. Il giovane sardo è naturalmente combattente; non si lascia dominare così facilmente e non si svende al primo arrivato. È accogliente e tanto; ma poi il cammino verso un rapporto più vero e profondo lo accetta se si è disposti a giocarsi fino in fondo in una ricerca appassionata della verità.
Ringrazio il Signore di avermi fatto incontrare l'amico Salvatore, perché pur nella diversità delle opinioni scambiate in un dialogo sempre rispettoso, sento che mi ha aiutato ad amare di più la Chiesa anche quando sembra non comprendere gli atteggiamenti dei suoi figli. Con Salvatore ho imparato ad inoltrarmi sempre più nella ricerca della verità, osando discutere di argomenti che possono sembrare proibiti.
Quando si ama intensamente la Chiesa allora ci si può permettere di varcare certe soglie e toccare certi argomenti senza paura di smarrirci, perché alla fine sentiamo di essere ancora nella Chiesa, una madre che non rinnega mai i figli che ha generato "nella sofferenza". Grazie, Salvatore!