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LA PAROLA
Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo d’accusa contro di lui. Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Alzati e mettiti in mezzo!”. L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o distruggerla?”. E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: “Stendi la mano!”. Egli lo fece e la mano fu restaurata. Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro che avrebbero potuto fare a Gesù (Lc 6,6-11).

Anche quel giorno, non a caso, è sabato. La miccia del dissenso è ormai accesa, ma ora è Gesù che vi soffia sopra. Entra nella sinagoga, il regno degli scribi e farisei, e si mette a insegnare. Non gioca di rimessa, ma all’attacco. Più che le parole di Gesù, a Luca sta a cuore svelare il significato della presenza in quel luogo di un uomo dalla mano paralizzata. Gli osservanti della Legge e i loro teologi vanno per spiare Gesù, un proposito certamente poco lodevole per un posto dove risuonava abitualmente la Scrittura. Forse, per tendergli una trappola, l’hanno portato lì apposta. Volevano sapere se si sarebbe ancora azzardato a rompere il riposo sabbatico. È una sfida di potere, poco importa chi sia quel poveraccio né a quali umiliazioni sia stato sottomesso. Aveva la mano destra paralizzata, la mano che gli permetteva di lavorare, di amare e creare, proprio come Dio che con le sue dita aveva modellato l’argilla dell’uomo e l’immensità del firmamento. Era un uomo inutile, usato come esca per avere di che accusare Gesù.

Ma Egli non si fa sorprendere. Li conosce così bene da intuirne le macchinazioni. “Alzati e mettiti in mezzo”, ordina all’uomo dalla mano secca. Vuole che tutti lo guardino, che si confrontino con quello scarto umano, che gli riconoscano un volto. Un uomo è sempre un uomo, non è un caso, una statistica, un pretesto per fare propaganda elettorale o religiosa. Quell’uomo obbedisce senza esitazione e si mette proprio nel punto in cui il suo corpo menomato si faceva domanda: “È lecito di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o distruggerla?”. I farisei sono messi con le spalle al muro. Per questo tacciono. Non avrebbero mai osato affermare che era lecito fare il male, sebbene loro fossero lì a tramare contro Gesù proprio in quel giorno santo. Ma il bene permesso eccezionalmente in sabato per Gesù diventa il sine qua non della Legge. Bisogna compiere il bene, bisogna ricostruire, rimettere in piedi l’umanità ferita, sempre, senza eccezioni di tempi sacri o di persone. Il non fare equivarrebbe a stare dalla parte del male, della distruzione della vita.

Per la mentalità biblica guarire un uomo significava guarire un’intera comunità. Gesù non si accontenta di ridare vigore a una mano secca, vuole salvare anche quelle guide stupide e cieche. E lo fa cercando di farle riflettere: “È lecito o no...”. Porre una domanda, quella giusta, è una forma di riscatto, è offrire la possibilità di pensare e di cambiare. Gli scribi e i farisei si riempirono invece di insensatezza, di “follia” (anoia). Persero la ragione, smisero di essere uomini: non gioirono per quella mano ridesta e continuarono nel loro proposito di nuocere a Gesù.

Verrebbe da chiedersi, di fronte al triste declino dell’umanità a cui ogni giorno assistiamo, se è ancora possibile riscattare almeno la ragione, almeno il buon senso. Invece di tirare i remi in barca o accusare vanamente “gli altri”, forse è tempo di imparare quantomeno a porre domande sensate.



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