Le guardie alle porte
“Senza il nostro permesso, non si entra in città”. Era quello che c’era scritto su un cartello vicino alla porta di Damasco. Ma questo non sembrava preoccupare il gruppo di persone che arrivava con rami, palme e cantava Osanna. Davanti a tutti c’era un tale su un asino che sorrideva e salutava tutti. Gli uomini stendevano i loro mantelli, le donne gridavano di gioia e i bambini si intrufolavano dappertutto. E le guardie? Si misero a guardare, chiedendosi chi fosse quel tale. Non avevano ricevuto ordini e non sapevano cosa fare. Il capo della porta si diede una manata in testa: “È il Maestro Gesù, quello che racconta tante cose, fa miracoli e tutto il popolo gli vuole bene. Voi cosa ne dite?”, disse rivolgendosi ai due che stavano ai lati della porta. “Lo lasciamo entrare? Io direi di sì. Il suo arrivo mi sta dando tanta gioia. Forza, liberate la porta. Deve capire che anche noi gli vogliamo bene”.
E così, decisero di fare la cosa più intelligente. Volevano gridare anche loro, ma dovevano essere seri. Dopo tutto erano le guardie della grande Gerusalemme. Il Maestro, passando, sorrise anche a loro. Forse pensava già che fra qualche giorno li avrebbe rivisti in un giardino e poi là al Calvario. Ma ora, anche Lui, voleva essere felice insieme a tutta quella gente. E il corteo entrò attraverso la porta e le guardie. Loro facevano attenzione che tutti andassero con il Maestro. Uno dei tre depose la sua lancia e la sua spada e, di nascosto, si unì ai bambini che stavano ancora correndo. Riconobbe anche suo figlio che gli gridò: “Dai papà, vieni anche tu!”.