Salvare ed essere salvati ...da un Musulmano!
A volte basta un fatto e il nostro modo di vedere le cose cambia profondamente. D'incanto anche le convinzioni più radicate perdono la spinta. Anche a me è capitato di fare un'esperienza di questo genere nel mese di gennaio, quando ancora ero convinto che il missionario vada in missione a dare la vita per salvare gli altri. Ebbene, è bastato un pomeriggio di sole africano e l'idea di missione che portavo nel cuore fin dai giovani anni della vocazione è andata in crisi.
Che brutto imprevisto!
Camminavo verso l'aeroporto in mezzo a un gruppo di donne musulmane che accompagnavano i loro uomini a imbarcarsi per La Mecca. Vicino a me c'era Irené, un ragazzo di strada musulmano che un giorno mi aveva confidato: "Vorrei diventare cristiano, perché quando mi rivolgo a Dio sento bisogno di raccoglimento, mentre alla moschea tutti gridano, e gridano sempre".
Mentre ascoltavo Irené, improvvisamente un pulmino è piombato sul gruppo e io mi sono trovato a terra, pieno di dolori in tutto il corpo. Attorno a me giacevano altri sei africani insanguinati che sono stati condotti negli ospedali locali. Io, invece, sono stato trasportato a braccia fino alla missione. Tutto questo è successo a Bujumbura, la capitale del Burundi.
Dopo alcuni giorni padre Sergio Marchetto mi dice: "Sai che saresti morto se Irené non ti avesse salvato la vita? Quando il pulmino stava per schiacciarti, ti ha strattonato quanto basta per spostarti, mentre lui ci è finito sotto!". Questo fatto ha messo in crisi il mio essere missionario. Un musulmano non ha esitato a mettere la propria vita a repentaglio per salvare me. Allora, missione non è solo dare; ma è dare e ricevere; è salvare ed essere salvati!
"Eccomi felice tra voi"
Durante il mese trascorso a letto ho ripensato alle esperienze vissute in Congo e in Burundi: la semplicità della gente che mi aspettava nei villaggi, sulla montagna, per essere battezzata; l'impegno e l'entusiasmo per la promozione umana; i giovani vittime dell'Aids che ho accompagnato a entrare in paradiso; i ragazzi raccolti sulla strada e aiutati a crescere fino a imparare un mestiere, ad avere una casetta e una famiglia tutta per loro; la generosità di tanti laici italiani che vengono in missione per darci una mano...
Infine, l'incontro con un musulmano che ha messo in gioco la sua vita per salvare la mia: questo è stato l'addio al Burundi. In seguito, il superiore dei saveriani mi ha chiamato a rientrare in Italia, per guarire e per restarci definitivamente, dal momento che anche qui c'è bisogno. Ed eccomi qui, felice tra voi.