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Ricordare insieme i cari defunti

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Da circa quattro decenni, ormai, è tradizione dei saveriani in Sardegna, all’inizio del mese di novembre, ricordare tutte le persone care salite al cielo che hanno speso la vita per aiutare i missionari e sostenere le loro attività.

Questo ricordo annuale, atteso da molti, e che vede sempre riunite tante persone, parenti e amici, è stato vissuto nell’ambito di un ottavario di preghiera per i defunti, chiamato in lingua sarda, “Otto dies a sas Animas”.

Rosario, Messa e riconciliazione

Momenti salienti degli incontri sono stati, ogni sera, la preghiera del santo Rosario tutti insieme, seguita dalla Messa. Prima di questi due momenti comunitari, per chi lo desiderava c’è stata la possibilità di colloqui con i missionari e di ricevere il sacramento della riconciliazione.

Gli animatori erano p. Massimo Bartoli, p. Giuseppe Marzarotto, p. Ezio Meloni e p. Giuseppe Ibba. Lo scopo di questa riunione di preghiera è radunare gli amici per ricordare insieme i cari defunti. Infatti, riteniamo importante sentirci in comunione, oltre che fra noi, ancora viventi sulla terra, anche con chi ci ha regalato la fede. Hanno già varcato la soglia della morte e ci hanno preceduti nell’eternità e ora è vivente in pienezza.

Una sola grande famiglia

La comunione dei santi è credere nella Vita eterna, che ci mette in comunione con chi è nell’Aldilà. La comunione dei santi, infatti, va oltre la vita terrena, oltre la morte e dura per sempre. “È un’unione che nasce dal Battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo Risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna” (papa Francesco).

“C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono pellegrini in questo mondo e quanti sono entrati nell’eternità: tutti i battezzati quaggiù sulla terra e tutti i Beati che sono già in Paradiso formiamo una sola grande famiglia”.

Siamo dunque chiamati a sostenerci gli uni gli altri “nell’avventura meravigliosa della fede”, perché non siamo mai soli, ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo. 

Preghiera di intercessione

Mentre ricordiamo i nostri cari che ci hanno preceduti nell’eternità, noi li sentiamo molto più vicini. Ricordiamo l’amore che loro ci hanno trasmesso e che noi, con la preghiera di intercessione, ricambiamo. È un amore che non conosce barriere, neanche quelle della morte.

Pregare per e con i morti fortifica la certezza della comunione delle anime, ci tiene uniti.

Ci induce, inoltre, a riflettere anche su eventuali nostri limiti, quando loro erano tra noi. E se sentiamo rimorso per qualche scelta o parola sgarbata detta, questo ci può aiutare a vivere meglio la nostra vita cristiana tutti i giorni.

La preghiera di intercessione possiamo definirla come una delle più grandi e importanti azioni di amore reciproco, perché chi prega si fa canale di misericordia. 

L’esperienza dell’amore di Dio

Ricordiamo i nostri cari defunti con la preghiera, con la santa Messa e con le opere di bene. La preghiera non è staccata dalla vita, ma è accompagnata da gesti concreti di solidarietà, come il privarci di qualche nostro bene a favore dei missionari, per collaborare alle tante attività dei saveriani nel mondo.

Perché, come Gesù per i suoi contemporanei era un segno dell’amore di Dio a favore dei più poveri, così i missionari, con le preghiere e con le offerte, possono aiutare i fratelli più deboli, e questi fanno esperienza dell’amore di Dio nell’incontro con il missionario.

Spazio alla “serena Speranza”

Il ricordo dei nostri morti celebrato in preghiera, nel calore della comunità di parenti e amici, e soprattutto confortati dalla Parola di Dio letta nella Messa, ha perso un po’ della mestizia che ha il ricordo, e si è aperto alla serena speranza. “In Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, rifulge in noi la speranza della beata risurrezione e, se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura” (Prefazio dei defunti).

La vita del missionario, e di quanti sostengono la sua opera, è spesa e consumata per gli altri.

Mentre si toglie, giorno dopo giorno, “un mattone” alla propria vita fisica, in cambio si costruisce la propria vita immortale attraverso le preghiere e le opere di misericordia: “Ai tuoi fedeli Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo” (Prefazio dei defunti).

L’ottavario si è concluso con un momento suggestivo e atteso: le intenzioni di preghiera, espresse sui fogli allegati alle lettere di invito, sono state affidate alle fiamme di un braciere ardente, posto fuori dalla cappella, mentre la comunità intonava canti e preghiere.



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