Se il treno dell’amore deraglia…
È stata una serata di testimonianze, quella trascorsa con le volontarie di “Linea rosa”, contro la violenza sulle donne, alla ricerca delle radici culturali del femminicidio. Le voci delle operatrici hanno portato alla luce la tragica situazione delle persone vittime di persecuzioni, soprusi e abusi.
La violenza congela l’anima
Nel 25° della fondazione di “Linea rosa”, Ravenna si presenta come città amica delle donne. Dal 1991 ad oggi nel ravennate sono state uccise 16 donne. È stata portata una rosa bianca in ricordo di Sandra Lunardini, la prima vittima. In seguito, Matilde e Celeste si sono esibite in un duetto canoro.
Una volontaria ha poi raccontato di aver chiesto ad Olga, 67 anni, perché non è mai scappata dalla violenza. “La burocrazia è straziante, occorre lasciare la casa, cancellare le abitudini per essere liberi dalla violenza”. Un'altra volontaria ricordava le parole di una mamma: “Non picchiarmi davanti ai bambini perché non scambino l’amore per violenza”.
Questa lascia tramortiti, fa perdere l’equilibrio, congela l’anima. La volontaria ricordava che, per liberarsi, la vittima deve riuscire a confidare a qualcuno il segreto della violenza subita.
Il treno dell’amore deraglia con l’abuso e la violenza. Il femminicidio è la negazione dell’amore.
Nuove relazioni sociali
L’incaricata nei carceri circondariali di Ravenna e Forlì ha raccontato la triste vicenda di una donna nigeriana, vittima della tratta, aiutata dalla solidarietà di un'altra detenuta e dalla comunità Giovanni XXIII. Una canzone di Noa, israeliana, ha concluso il recital.
Diciamo “grazie” alla regista Sandra Melandri e a tutte le volontarie per il loro impegno. Ci auguriamo che il loro lavoro generi nuove relazioni sociali, nel rispetto reciproco fra uomo e donna.
Queste donne hanno davvero il “genio femminile”, come scriveva, in favore della liberazione della donna, Giovanni Paolo II.