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Quanto siamo spreconi!, Ma ad Haiti...

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Sono senz'acqua potabile e senza cibo, senza medicine per curarsi. Non dal giorno del terremoto, ma già da prima, da tanti anni. Perché ad Haiti (ma anche in tante altre parti del mondo) non è stato loro consentito di guadagnarsi il diritto a una vita dignitosa. Poi sono arrivati i soccorsi, via cielo e via mare. Ma sono rimasti lì per giorni, ammucchiati all'aeroporto o sulle potenti navi da guerra. Perché non siamo stati capaci di distribuire i viveri a chi ardeva dalla sete e si rotolava per la fame, con parti del corpo che andavano in cancrena.

Questione di sicurezza? Dobbiamo proteggerci dagli arrabbiati d'acqua e di cibo. La macchina internazionale si è mossa rapidamente, ma era troppo potente per fare le cose umili e necessarie nei momenti di massima emergenza. Gli unici a darsi da fare, ancora una volta, sono stati gli esperti in umanità: medici e infermieri, volontari laici e religiosi, insieme alla gente del luogo che ha scavato con le unghie per tirar fuori dalle macerie quei poveri sopravvissuti per giorni, perché già abituati a vivere con niente.

In concomitanza, noi qui eravamo indaffarati con le questioni dei saldi (l'ultima corsa agli acquisti negli outlet e negozi di marca) e degli sprechi (di pane e acqua, viveri e medicinali). Tonnellate di roba nei cassonetti e nelle discariche. Qualcuno ha provato a fare i calcoli pro capite: "solo 4 grammi a testa!". La solita media statistica, che non tiene conto di chi spreca cento chili al mese e chi si gratta per la fame. Qualche altro ha detto che con questi nostri sprechi si sarebbero potuti sfamare milioni di persone al mondo.

C'è una diretta relazione di causa - effetto tra il nostro spreco e la loro povertà?

In parte sì. Ma non è automatico che se io consumo meno - e soprattutto, spreco meno - altri ne siano beneficati o i poveri diventino benestanti. Perché questo avvenga, ci vorrebbe una grande catena virtuosa a cui tanti enti e persone rispondano con onestà. In queste cose importanti, gli slogan servono a poco e risolvono niente.

Sono convinto che il non sprecare sia innanzitutto un mio dovere di coscienza. È una qualità morale e psicologica: se sono sobrio e non spreco, sono migliore e sto meglio. Se poi i governi e le amministrazioni si danno da fare sulla stessa linea, allora si crea la catena virtuosa che genera ottimismo e speranza per tutti.

Si parla spesso di "stili di vita". C'è stile e stile, chi non lo vede? Senza invidiare chi può permettersi di spendere e spandere ("Stolto! A che ti servirà?"), ogni cosa grande o piccola - e specialmente il pane e l'acqua, il vino e l'olio... - ha in sé un altissimo valore umano e simbolico. Sono il prodotto a cui hanno messo mano una catena di fratelli e sorelle di cui non conosco il volto e il nome, ma che vi hanno dedicato mente, cuore e fatica.

Sono questi i "frutti del lavoro umano" che noi cristiani poniamo dinanzi a Dio, Creatore e Padre, nell'offertorio della Messa. Se questa è la nostra spiritualità, allora ci diventa difficile sprecare e gettare, facile apprezzare e risparmiare, possibile distribuire le risorse e il benessere tra tutti.

Vita sobria = vita felice per tutti!



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