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Pausa nel suo istituto a Parma

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Alla fine del 1904, conclusa l'esperienza di Ravenna, mons. Conforti torna a Parma. Depone la porpora e riveste l'abito del prete. In tutto agisce come fanno i santi. Le allarmanti condizioni di salute erano valse a fermare per sempre la sua ascesa nella gerarchia. Ma san Guido sente le cose in altro modo: la malattia è una pausa provvidenziale per pensare a far crescere il suo istituto missionario.

Le vocazioni sono importanti

Il clima familiare di Parma è per lui come la carezza di Dio che lo incoraggia a districare problemi che,  durante la sua assenza, si erano ingigantiti. Primo fra tutti, la crisi delle vocazioni che - guarda caso - si era aperta quando in Italia si è venuto a sapere che p. Caio Rastelli era morto giovanissimo in Cina.

Per due anni san Guido era stato costretto a seguire da lontano le vicende del ritorno in famiglia di molti dei suoi giovani aspiranti alla vita missionaria. Gli atri del nuovo istituto risuonavano, vuoti; il numero di vocazioni che Parma avrebbe potuto offrire al seminario missionario si era esaurito. Bisognava arredare l'animazione vocazionale di strategie nuove; muoversi in orizzonti più vasti.

Le vocazioni sono un fattore importante per un istituto missionario e san Guido aveva messo le vocazioni al centro di incessanti preghiere fin dal giorno in cui aveva posto la prima pietra del nascente istituto. Aveva cercato bravi educatori per preparare i giovani alla vita missionaria, e aveva scelto p. Caio Rastelli, il primo saveriano a essere ordinato prete, e il diacono Odoardo Manini.

I primi due saveriani in Cina

Ma poi egli prende un'altra strada, quando giunge a Parma il vescovo Francesco Fogolla, un missionario dalla barba folta, che infiamma la gente con i racconti della sua missione in Cina. San Guido e il vescovo Fogolla si incontrano e trovano un punto di accordo: la partenza per la missione proprio dei due saveriani che aveva scelto per la formazione.

Così il Fogolla era ripartito per l'Oriente portando con sé i due giovani saveriani. Due mesi di viaggio; due anni per imparare la lingua cinese. Terminata la preparazione, p. Rastelli è destinato a una missione tra i monti, mentre il diacono Manini segue un corso in medicina.

Tutto sembra procedere bene. Sembra realizzarsi il sogno di san Guido di garantire ai suoi missionari uno stile di vita simile a quello degli apostoli, lasciando ogni cosa per seguire Gesù. Tra loro, tutto doveva essere regolato dalla legge dell'amore, dalla qualità dei rapporti vicendevoli; mettendo in conto anche la sofferenza.

I terribili eventi cinesi

Ma, come spesso avviene nella vita, i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri. Quel Crocifisso che gli aveva già parlato aspettava san Guido a un nuovo appuntamento: sperimentare come l'amore cresce quando viene insidiato e oltraggiato; credere che Dio salva gli uomini non con la sua onnipotenza, ma nella debolezza della croce.

All'improvviso, su tutto il territorio cinese divampa la violenza contro gli europei a causa della cosiddetta guerra dell'oppio che gli inglesi conducevano da sessant'anni. Le missioni sono rase al suolo e ci sono massacri dappertutto. La missione dove vivono i due saveriani è un epicentro della rivolta. Padre Caio Rastelli riesce a salvarsi oltre la grande muraglia cinese, ma muore di tifo in Mongolia. Il diacono Manini è richiamato in Italia ma, sconvolto dagli eventi, lascia l'istituto missionario...

San Guido riflette e comprende che il rilancio del suo istituto non deve nutrirsi solo dello spirito romantico - "salpare i mari, salvare un'anima e poi morire" -, ma deve pensare anche all'eventualità del martirio. Le vocazioni missionarie, infatti, esigono miracoli di fede.

"Tu nutri gli uccelli del cielo..."

Nei giorni di estrema fragilità, san Guido compone le preghiere che i suoi missionari recitano ancora oggi. Una di queste riprende le parole di Gesù,

"Signore, che nutri gli uccelli del cielo e vesti i gigli del campo, noi ti raccomandiamo i bisogni dell'umile nostra congregazione".

Questa preghiera può aiutare tutti noi a non arrenderci mai; a saper ricominciare da capo, in un mondo che ha perso i grandi valori; a supplicare Dio perché non si stanchi di suscitare ovunque uomini e donne in grado di superare ogni sorta di prove, per trasmettere anche ai nostri giovani ragioni di vita e di speranza.



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