Padre Dal pozzo: Il ''Cinese'' vissuto nel silenzio
L'addio a p. Rinaldo Dal Pozzo
Padre Rinaldo Dal Pozzo ci ha lasciati silenziosamente come ha vissuto, quasi slittando a piccoli passi verso il cielo. È stata una vita lunga 93 anni, trascorsa più nel nascondimento e nel silenzio che nel fragore di opere compiute. Il nipote sacerdote, nel suo intervento durante la Messa di esequie, ha parlato della mistica e della fecondità dell'apostolato del silenzio. Ha colto il messaggio più profondo dello stile di vita, lasciatoci dal "cinese" - così amava chiamarlo affettuosamente mons. Maggiolini, vescovo di Como.
Aveva conosciuto il beato Conforti
Padre Rinaldo era nato il 13 giugno del 1910 a Castelletto di Rotzo, in provincia di Vicenza. A tredici anni, era entrato nel seminario saveriano di Vicenza; aveva poi fatto il noviziato a Parma e proseguito gli studi superiori e teologici fino al sacerdozio, nel 1936.
Nella Casa Madre dei saveriani, padre Rinaldo aveva conosciuto il beato Guido Conforti, fondatore della congregazione. La sua spiritualità eucaristica lasciò nella mente e nel cuore del missionario un profondo amore a Cristo. Manifestava questo amore nelle lunghe celebrazioni della Messa e nelle ore di preghiera e di adorazione davanti al tabernacolo.
Nemico del popolo: tre anni al buio
Padre Rinaldo partì per la Cina nel 1937, quando il grande paese era già in guerra contro il Giappone. Oltre alle difficoltà della vita missionaria, sopportò le ristrettezze e le umiliazioni dei nipponici nei campi di concentramento.
Quando sembrava ritornata la pace, avanzò prepotente la valanga comunista, che lo colse in un villaggio di montagna della diocesi di Chenchow, dove divideva il lavoro pastorale con frate) Isaia Vidale. I maoisti lo condussero dentro la chiesa; qui gli spezzarono sedie e suppellettili sulla schiena.
Fu condannato come nemico del popolo cinese e rinchiuso in prigione, uno scantinato umido e senza finestre. Padre Rinaldo vi rimase per tre anni, senza vedere un raggio di sole. Fu espulso dalla Cina nel 1952, quasi cieco, acciaccato e molto debole di salute. Riabilitatosi in parte, partecipò con i primi saveriani alla fondazione della casa di Tavernerio nel 1963.
L'apostolo del silenzio
Da questa casa, per quarant'anni, non si mosse più. La Messa, l'adorazione eucaristica e la corona del rosario occupavano la sua giornata; passava ore, abbracciato all'altare o chino davanti al tabernacolo.
Cercava di essere utile alla comunità con tante piccole attività; era molto attento a non sciupare nulla di quanto avrebbe potuto servire alla casa e ai missionari.
Non predicò in grandi chiese, non frequentò platee di ascolto negli oratori, né gli interessava il titolo di conferenziere, ma accolse tante anime desiderose di trovare la pace con Dio e con gli uomini. Non parlava delle sue esperienze missionarie, per umiltà o forse perché erano troppo gravose per ricordarle. Ne parlava solo quando richiesto espressamente, ma sempre risparmiando le notizie personali.
Prega per tutti noi
Nel 2003, per l'aggravarsi del suo stato di salute, padre Rinaldo fu accolto nella comunità saveriana di Parma, dove anziani e malati ricevono fraterna e attenta assistenza. Chiedeva insistentemente che si pregasse per la salvezza della sua anima.
Il lumicino della sua vita si è andato affievolendo sempre più, fino a spegnersi definitivamente, giovedì 8 gennaio alle 11.55, giusto in tempo per la preghiera dell’Angelus in paradiso. Chi ci ha lasciato non è tanto un vecchio missionario, ma una delle prime colonne del nostro Istituto. Come saveriano era iI 117.
Grazie, padre Rinaldo, per la tua vita donata a Cristo e ai fratelli. Ora prega per tutti noi e arrivederci lassù.