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P. Viotti, uomo di Dio e di compagnia

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È bello ricordare, attraverso questa pagina di “Missionari Saveriani”, il compianto p. Giuseppe Viotti, che il 12 dicembre 2021, a Parma, presso la Casa Madre, ha raggiunto il paradiso. Egli è stato tra i primi quattro saveriani che, l’8 settembre 1946, ha inaugurato questa nostra casa di Udine. Ha accolto quei ragazzi che un giorno sarebbero diventati missionari, secondo il carisma apostolico di San Guido Maria Conforti, vescovo di Parma, conosciuto e molto stimato dall’allora arcivescovo di Udine, mons. Giuseppe Nogara. Quest’ultimo ci ha voluto nella sua arcidiocesi per l’animazione missionaria delle comunità parrocchiali.

Senza dubbio, oggi, nessuno tra noi, lettori di questo mensile, ha incontrato o conosciuto p. Giuseppe Viotti, ma pensiamo ugualmente doveroso rendere omaggio alla sua memoria. Egli ha seminato in queste nostre parrocchie friulane quella Parola con cui Gesù chiamava qualche ragazzo ad entrare nella nuova Scuola Apostolica, appena aperta a Udine, per diventare, un giorno, un convinto missionario, pronto a portare il Vangelo di Gesù in terre lontane.
Nei suoi ultimi anni, p. Giuseppe è stato apprezzato Padre Spirituale degli studenti saveriani di teologia di Parma e confessore al santuario San Guido Conforti. Uno dei novizi friulani che l’ha conosciuto nell’anno di Noviziato, a Nizza Monferrato, ci lascia di lui questo grato ricordo.

Ho conosciuto p. Viotti durante l’anno di noviziato a Nizza Monferrato (AT). In anni successivi, l'ho incontrato annualmente agli incontri del gruppo del noviziato di allora. È sempre stato una persona discreta, non invadente che si accostava all’altro in punta di piedi con rispetto e delicatezza. Non l'ho mai sentito criticare o lamentarsi per qualcosa che non andava per il verso giusto. Al contrario, con il suo sorriso bonario e le sue battute spiritose contribuiva a rasserenare gli animi e ad assumere un atteggiamento positivo e costruttivo nei confronti della realtà. Riusciva a comunicare con parole semplici i valori ed i principi profondi, nei quali credeva fermamente, che stavano alla base del suo essere uomo, cristiano e missionario. Penso spesso a lui ed al suo sorriso, a quello che ha detto e a quello che è stato. Gli sono e sarò sempre grato” (Mario Pecile).
Desiderando conoscere ancora meglio i tratti personali di p. Giuseppe Viotti, leggiamo volentieri quanto scriveva p. Angelo Pansa (anch’egli scomparso recentemente, il 9 maggio), che ha vissuto con p. Giuseppe nella missione dell’allora Zaire, oggi Congo RD.

fri Viotti celebra“Ero nel primo gruppo di saveriani che avrebbe raggiunto la nuova missione nel Congo Belga: p. Catarzi, p. Tomaselli, p. Viotti, p. Vagni ed io. Nell’ottobre 1958 ci siamo incontrati a Montecatini per ricevere il Crocefisso di partenti dalle mani di mons. Ersilio Tonini. Abbiamo fatto due gruppi: p. Catarzi ed io siamo partiti per primi, gli altri tre in seguito. Mi hanno subito inviato nella missione di Kiringye, dove le attività pastorali si svolgevano soprattutto nell'altopiano dell'Ituri, con safari di oltre un mese. Passato quasi un anno, sono stato destinato a Kamituga per affiancare p. Viotti, che aveva qualche problema di salute, anche a causa del clima. Insieme, abbiamo risalito le montagne dell'Itombwe, dove siamo rimasti per un mese intero, fino dopo Natale. Avevamo con noi due portatori con tutto il necessario. Per il cibo potevamo affidarci all'accoglienza nei villaggi. Dopo due settimane, siamo arrivati al villaggio più importante, l'ultimo da visitare. Si chiamava Mulenge e la maggioranza degli abitanti era dei Banyarwanda. Mancavano due giorni a Natale ed erano giunti al villaggio altri cristiani e catecumeni provenienti da Fizi.

Il superiore della missione, p. Van Keep (Padri Bianchi), aveva ricevuto dai familiari olandesi un'immagine del Bambino Gesù in gomma colorata. Gli avevo chiesto di prestarmela, per allestire il presepio a Mulenge. La notte di Natale, dopo la Santa Messa, sullo spiazzo prospiciente la scuola, davanti all'altare, abbiamo deposto Gesù Bambino in un cestello, con il fogliame delle pannocchie di granoturco. All'alba, qualcuno venne a bussare alla nostra porta. Era il catechista Stefano: «Wapadiri! Il Bambino Gesù è scomparso!».
Siamo usciti e abbiamo sentito subito in lontananza il rullare dei tamburi usati per le danze. Ci siamo diretti verso la piazza, dove c'era una moltitudine di persone. Tra loro, il Capo villaggio e lo Stregone, entrambi pagani, che danzavano in circolo. Al centro, ecco la statuetta del Bambino Gesù, ben sveglio e sorridente. Al nostro arrivo, i tamburi si fermano. Mi rivolgo al Capo villaggio e allo Stregone: «Perché avete 'rapito' il nostro Bambino Gesù?». «Padiri! Ieri pomeriggio tu ci hai detto che Egli è venuto ad abitare e a vivere con tutti, non solo con i cristiani. Abbiamo voluto accoglierlo nel nostro villaggio, perché siamo contenti che Lui sia venuto anche qui». (p. Angelo Pansa, sx)



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