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P. Valoti: Testimoni di Cristo nel povero Bangladesh

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Intervista ad un Saveriano bergamasco

Abbiamo avuto tra noi varie volte nei mesi scorsi p. Enzo Valoti, originario di Alzano: è venuto a trovare i genitori ultranovantenni e tanto desiderosi di rivederlo. Lavora in Bangladesh da una decina d'anni: attualmente è anche il Superiore di tutti i Saveriani di quella missione e quanto egli ci ha detto ci aiuta a capire il senso del loro lavoro.

Qual è il mondo nel quale lavorate voi missionari del Bangladesh?

Noi Saveriani lavoriamo soprattutto tra i non-cristiani appartenenti al gruppo dei "fuori casta" hindu (i cosiddetti intoccabili), in mezzo ai tribali, ossia in mezzo a quelle minoranze che pur abitando in Bangladesh da sempre, non appartengono alla razza bengalese. Lavoriamo pure tra i cristiani provenienti però dallo stesso contesto.

La vostra evangelizzazione è fondata più sulla catechesi o sulla testimonianza della carità?

Chi lavora tra i cristiani è impegnato nel settore della catechesi; un Saveriano dirige il Centro Catechistico Nazionale che si trova a Jessore. Ma è anche vero che diversi missionari sono impegnati nel settore della testimonianza della carità, gestendo esperienze di convivenza per handicappati appartenenti a varie religioni, guidando un ospedale e diversi dispensari, un centro per bambini di strada, interessandosi a progetti di artigianato e di scolarizzazione.

Il dialogo con i musulmani fino a che punto è possibile?

Con i musulmani il dialogo è una necessità imprenscìndibile, dato che essi rappresentano più dell'80% della popolazione. Non troviamo però a volte gli interlocutori. Loro non sono interessati al dialogo, almeno quello in cui ci si confronta su tematiche religiose. È possibile e doveroso invece quello che si può chiamare "dialogo di vita". In questo caso l'importante è il lavorare insieme e, quando gli obiettivi sono comuni o si raggiunge un'intesa su alcuni di essi, l'incontro avviene spontaneamente.

Nel progetto per gli handicappati o per i bambini di strada, al nostro fianco, lavorano hindu e musulmani. È lavorando insieme che scompaiono facilmente tanti pregiudizi, ci si conosce di più, si impara a stimarsi vicendevolmente e qualche volta si arriva anche a parlare e confrontarsi su argomenti religiosi.

Quali le iniziative pastorali più efficaci nell'annuncio del Vangelo?

È difficile parlare di efficacia nel campo della pastorale. Anche noi in Bangladesh siamo di quelli che credono che il frutto di quello che si semina oggi, diventerà "raccolto" per quelli che verranno dopo di noi. Certo la Chiesa in Bangladesh si sta dando da fare da alcuni anni per strutturarsi in "comunità di base". In occasione del Giubileo è stato riscoperto il "pellegrinaggio", come momento di catechesi e di evangelizzazione.

Nella Chiesa del Bangladesh i giovani sono interessati al Vangelo ed arrivano ad accoglierlo fino alla consacrazione nella vita sacerdotale o religiosa?

Non è facile parlare dei giovani e della pastorale giovanile in Bangladesh. In tanti posti la categoria dei giovani non esiste. Sposandosi molto presto (14-18 anni), si passa dalla adolescenza alla vita familiare quasi senza accorgersene. Nella città è possibile l'aggregazione degli studenti. Si fa una pastorale apposta per loro. Si interrogano sul loro essere giovani e cristiani in una nazione segnata dalla miseria, dalla corruzione e dalla malnutrizione.

Una difficoltà che s'incontra a lavorare con i giovani è il far capire che loro, più di tutti gli altri, sono chiamati a servire gratuitamente. Spesso i gruppi dei giovani diventano centri di potere e non di servizio. Sono molti i ragazzi e le ragazze che chiedono di poter consacrare la loro vita al Signore. Ma, anche in questo caso, non è sempre chiaro che la vita di consacrazione pone al primo posto il servire e non l'essere serviti.

Ci farebbe piacere sapere se hai qualche progetto parti cola re che vorresti far conoscere ai nostri lettori?

Nella missione in cui ho lavorato 8 anni, a Baradal, ho costituito un gruppo di quasi 200 donne che lavorano nel campo dell'artigianato. La maggior parte di loro sono vedove, ragazze madri, mogli di mariti disoccupati o impossibilitati a lavorare. Sono queste donne a tirare avanti la famiglia e lo possono fare solo perché lavorano in questo Centro.

Il materiale confezionato (soprattutto tovaglie ricamate a mano) viene spedito in Italia dove persone di buona volontà si impegnano a venderlo. Comprando questi prodotti e favorendone la vendita si permette a tante famiglie di evitare la fame e di vivere dignitosamente.



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