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P. Perazzolo e il signor “Nessuno”

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In autunno, papa Francesco si recherà negli Stati Uniti. L’importanza del viaggio è legata alla mediazione che il papa ha promosso tra Stati Uniti e Cuba. Un giornalista ha alimentato la fantasia dei lettori, aggiungendo: “Fosse per lui, forse comincerebbe la visita passando dal Messico come tanti immigrati”.

La missione a Mazatlan

Per saperne di più, mi sono rivolto a un saveriano di Camisano Vicentino, p. Lino Perazzolo, che è andato in Messico al tempo in cui i missionari dovevano mostrare sul passaporto che entravano nel Paese come “maestri e insegnanti” (1967). In realtà, la gente li ascoltava come preti, erano benvoluti e rispettati.

Padre Perazzolo svolge la sua missione a Mazatlan, sulle rive dell’oceano Pacifico, una delle traiettorie ideali che collegano il Messico al sud degli Stati Uniti. La terra è avara perché la stagione delle piogge dura solo tre mesi; durante gli altri mesi tutto inaridisce. La maggior parte della gente di Mazatlan è povera. Molti uomini fanno gli scaricatori al porto. Altri fanno servizio negli alberghi. Le donne trovano occupazione come badanti, donne di servizio e lavandaie…

L’attrazione dei “narcos”

Padre Perazzolo dedica cinque giorni della settimana a quanto è scritto sul suo passaporto. Fa l’amministratore di un collegio scolastico: 2.600 studenti, 180 insegnanti, 250 impiegati, 20 autisti di bus, incaricati della manutenzione, bidelli e segretarie.

Il sabato pomeriggio chiude l’amministrazione del collegio e si riempie il cuore di gioia donando il suo tempo a due comunità rurali: “Habalito del Tubo” (perché è tagliata in due dal tubo dell’acquedotto) e “Palmillas”. Insieme ai laici organizza il catechismo, la celebrazione della Messa, i battesimi, qualche matrimonio… Dopo la Messa rimangono tutti lì, a parlarsi. Il pomeriggio alcuni di loro vanno a visitare le famiglie per aiutare, o più semplicemente per ascoltare i loro problemi.

Raccontano come i giovani siano attratti dalle bande di narcotrafficanti capaci di offrire soldi, armi e una vita avventurosa.

Il battesimo di Josè

Con il tempo, p. Lino aveva notato che, fuori dalla chiesa, un uomo anziano si teneva alla periferia della comunità. La gente diceva che era un uomo solo, senza famiglia, senza casa. Eseguiva lavori di fatica in una stalla. La sera si stendeva su un telo di plastica, sotto un albero, nutrendosi di fagioli bolliti.

Alla fine decise di interpellarlo personalmente: “Come ti chiami?”. “José!”. “Hai bisogno di qualcosa?” “Desidero essere battezzato perché, così come sono, sono proprio Nessuno”. Padre Perazzolo chiese alle catechiste di prepararlo al battesimo e alla prima Comunione.

Come padrini di battesimo si sono offerti marito e moglie. Si sono occupati di lui; gli hanno comprato camicia e pantaloni. Il giorno del battesimo hanno offerto il pranzo. Tutta la comunità partecipò alla festa.

Un crocifisso, martello e scalpello

La storia del bene continua. Ora la gente del rancio lo aiuta, lo considera un membro della comunità. Una donna lo ha accompagnato da un medico che gli ha diagnosticato due grosse ernie inguinali. Josè viene operato.

Il giorno dopo scappa dall’ospedale per confidare un grande segreto a p. Lino. “Padre, in una caverna della montagna c’è sepolto un grande tesoro! Ti chiedo tre cose: un crocifisso, perché quando si trova il tesoro c’è sempre il diavolo; un martello e uno scalpello, e una fascia elastica per proteggere il ventre ferito”. Padre Perazzolo acconsentì. Ogni tanto gli chiedeva come procedesse la ricerca del tesoro: “Presto lo troverò”, diceva José.

Un mese prima di Natale, i saveriani hanno destinato p. Perazzolo a un’altra missione. Quando José l’ha saputo lo ha aspettato fuori dalla chiesa. “Come farò a farti avere la tua parte di tesoro, quando l’avrò trovato?”.

Ma padre Lino Perazzolo sapeva che la sua parte di tesoro l’aveva già ricevuta.



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