Non-violenza, stile di una politica per la pace
Dal messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2017).
Ci auguriamo che la non violenza attiva diventi lo stile delle nostre decisioni, relazioni, azioni, e guidi il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, sociali e internazionali.
Oggi c’è una violenza mondiale che si esercita “a pezzi” e provoca enormi sofferenze, conflitti, rappresaglie, di cui beneficiano soltanto i “signori della guerra”. Grandi risorse sono destinate a scopi militari e sottratte ai giovani, alle famiglie in difficoltà, agli anziani, ai malati, agli immigrati.
Gesù ha accolto e perdonato di cuore i suoi nemici, percorrendo, fino alla fine (la croce) la via della nonviolenza. Anche il cristiano riconosce la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio. Nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia. Occorre contrapporre un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio, che ci rende capaci di amare i nemici. La non violenza cristiana è rispondere al male con il bene, spezzando così la catena dell’ingiustizia.
La non-violenza è tutt’altro che resa, disimpegno e passività. Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa, non la guerra!
L’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore umano. Dunque, bisogna educarsi alla non violenza già dentro la famiglia. Coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a superare i conflitti non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la misericordia e il perdono. Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo.
Il Giubileo ci ha invitati a lasciar entrare nel nostro cuore la misericordia di Dio. Per S. Teresa di Gesù Bambino tramite semplici gesti quotidiani (una parola gentile, un sorriso) seminiamo pace e amicizia, spezzando la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.
Rifiutiamo di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo.
Trasformiamo il conflitto in positività. L’unità è più potente e più feconda del conflitto. Le differenze generano attriti, ma anche nuova vita. Basta affrontarle in maniera costruttiva e nonviolenta. Con la preghiera e l’azione, prendiamoci cura della casa comune e diventiamo artigiani di pace.