Mondiali di calcio e armi nostrane
I recenti gravi fatti di corruzione che stanno coinvolgendo alcuni europarlamentari hanno portato all’attenzione i problemi dei diritti umani in Qatar. Gli stadi e le altre infrastrutture per i mondiali di calcio, infatti, sono costate la vita a migliaia di lavoratori stranieri. Lo hanno denunciato le organizzazioni per i diritti umani che per anni hanno documentato i turni di lavoro massacranti, gli stipendi trattenuti e mai versati, gli alloggi sub-umani e altre violazioni subite dai lavoratori migranti in Qatar provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Filippine e Kenya. Le inchieste giornalistiche, le denunce delle organizzazioni umanitarie e le pressioni dei sindacati sull’Organizzazione internazionale del lavoro avevano costretto le autorità del Qatar ad avviare un piano di revisione, ma nel 2020 il processo di riforme si è interrotto.
Un’occasione persa dalla Fifa, il cui presidente, lo svizzero Gianni Infantino, nella conferenza stampa a conclusione dell’evento sportivo non ha nemmeno risposto alla richiesta di Amnesty International di istituire un fondo di risarcimento per i lavoratori migranti. Il paradosso è che, con la fine della manifestazione, le strutture verranno in gran parte smantellate perché troppo grandi per le necessità sportive del Qatar.
La monarchia retta dall'emiro Al Thani è stata criticata anche per altre violazioni dei diritti umani e civili. Ma pochi, anzi praticamente nessuno, ha posto attenzione alle rilevanti forniture di armamenti al Qatar da parte dei Paesi europei. Anche dell'Italia, che dopo la Francia, è il maggiore fornitore europeo di sistemi militari al regime di Doha (si veda la tabella).
Superano i 7 miliardi di euro le autorizzazioni per esportazioni militari che fanno del Qatar il principale acquirente di armamenti “made in Italy”. Un ampio arsenale bellico: dai 24 caccia multiruolo Eurofighter Typhoon prodotti dall’azienda Leonardo insieme alla britannica BAE Systems, alle quattro corvette, una nave anfibia e due pattugliatori, tutti comprensivi di sistemi di combattimento e di missili prodotti da Fincantieri, ai 28 elicotteri NH-90 di Leonardo fino a due mini-sottomarini dell'azienda M21 Srl, per citare solo i principali.
Esportazioni che, al pari di altre rilasciate a regimi autoritari (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Turkmenistan, ecc.), vengono giustificate sulla base delle “legittime esigenze di difesa” dell’emirato. Ma come giustificare le forniture alle forze armate della monarchia assoluta del Qatar di oltre 29mila fucili d’assalto ARX-160, di 11mila fucili d’assalto ARX-200, di 30mila pistole semiautomatiche calibro 9x19 e di 740 lanciagranate e altro materiale per un valore complessivo di oltre 67 milioni di euro? Sono tutte armi che possono essere utilizzate per la repressione interna. E sono tutte armi prodotte ed esportate da un’azienda della provincia di Brescia.