Da un Saveriano cremonese
Come va? Spero che tutto vada bene. Probabilmente mi avrete mandato delle E-mail, ma da quando sono alle Mentawai non ho più accesso ad Internet. Lo potrò fare quando tornerò a Padang (Sumatra) per partecipare ad alcuni incontri a Yogyakarta e a Jakarta per la professione perpetua di un Saveriano indonesiano. Ad ogni modo vi mando questa lettera sperando che non ci metta troppo tempo ad arrivare.
Qui tutto bene. Sono arrivato da una decina di giorni. Il viaggio è stato lungo, perché la nave ha aspettato il mare calmo, ha dovuto caricare e scaricare il materiale in una sosta intermedia e finalmente è arrivata a Sikabaluan, l'isola dove mi trovo, dopo un giorno .Per fortuna che all'isola di Siberut (il posto intermedio dove si era fermata a lungo) ci sono altri Saveriani, e così siamo scesi e abbiamo passato la giornata a terra e in compagnia.
Inutile dire che siamo in un bellissimo posto. L'oceano è a 5 minuti a piedi ed è sempre calmo. Finora ho fatto il bagno tutti i giorni. Ci sono 7 chilometri di spiaggia bianca per correre, con le palme che sporgono verso il mare. Un bel posto per un club Mediterranée più che per una missione. Dicono che quando piove, piove sul serio; ma in questi giorni c'è quasi sempre il sole e si sta benone. Quando piove però abbiamo problemi di drenaggio dell'acqua, perché non siamo molto alti sul mare e i nostri fossi di scolo non sono del tutto puliti. Vediamo se riusciremo a risolvere il problema.
Mi trovo in una parrocchia fornita di canonica, chiesa, due collegi (chiamati "asrama) con 180 ragazzi che studiano qui dalle elementari alle superiori, una scuola di cucito, di cucina, igiene per le ragazze, una casa per le suore. Insomma un grosso complesso.
Abbiamo anche il campo da calcio e quello. da pallavolo; ed anche la migliore auto del nord dell'isola di Siberut (ma forse di tutta l'isola), visto che qui ne gira un'altra più o meno normale e una che non so come faccia a muoversi ancora. La nostra è una jeep utile per andare avanti e indietro dal porto quando arrivano le navi con dei carichi per noi.
La gente è molto cordiale. Tutti ti vogliono parlare, i bambini ti prendono per mano. Per fortuna qui capiscono l'indonesiano, perché il mentawaiano l'ho appena iniziato a studiare: il mio maestro è un signore quasi cieco, ma molto bravo. Difficile dire molto di più, ma li conoscerò pian piano.
In alcune zone sono ai primi contatti col mondo moderno, per cui la cultura e la mentalità sono molto lontane dalla nostra. In Comunità vivo col parroco, un barbone di 60 anni, sempre in pantaloni corti e a piedi scalzi, assomiglia a Babbo Natale, simpatico: si chiama Monaci. Ha passato molti anni qui alle Mentaway. Poi c'è un fratello coadiutore (Antonio Manucci) e un futuro prete indonesiano che si chiama Sudarmanto e che ho già conosciuto quando ero a Yogyakarta.
Infine vi sono molti gatti e uccelli; e un'anatra che si crede un'aquila, visto che invece di starnazzare negli stagni e nei fossi come tutte le altre, preferisce appollaiarsi nel sottotetto vicino alla grondaia. Ci sarà da ridere quando nasceranno gli anatroccoli: impareranno a volare presto.
Infine una nota sui mezzi di comunicazione. L'unica strada che c'è arriva al molo dove attraccano le navette. È scassata, ma forse ce la sistemano. Per raggiungere tutti i villaggi si va in barca: un fuoribordo che supera i 10 metri, molto veloce, va sui fiumi e anche in mare. Proprio domenica avrò il primo incontro in uno di questi villaggi e vi saprò dire. Spero poi di mandarvi qualche foto. A presto allora.
