La testimonianza in Bangladesh, P. Pietanza
Riprendiamo la chiacchierata con p. Mimmo Pietanza, "interrotta" nel numero di dicembre, in cui il missionario barese ha descritto una parte delle attività dei saveriani in Bangladesh.
Siete impegnati nel "sociale"!
Il Bangladesh è un paese islamico. I musulmani bengalesi sono molto coscienti della loro fede e danno ad essa molto importanza. Molti di loro propendono per un'interpretazione letterale del Corano e della tradizione islamica, che non ammette che un islamico rinneghi la propria fede. Chi lo fa è passibile di morte. In Bangladesh tale interpretazione è abbastanza diffusa.
Per noi missionari stranieri, quindi, è impossibile fare opera di conversione fra gli islamici. Si creerebbero divisioni nelle famiglie e nella società, e anche rischio della vita per il neo-convertito al cristianesimo. Il modo migliore per noi di testimoniare la presenza di Dio è mettere in luce i valori che Lui ci ha proposto: la dignità della persona umana e la grande attenzione per i più poveri e gli orfani. Noi cristiani crediamo che Dio sia già presente in mezzo al popolo bengalese. Il nostro compito è quello di manifestarlo con la nostra testimonianza, dicendo che Dio ci ama più di quanto noi possiamo immaginare.
Ci sono vocazioni missionarie?
Alcuni saveriani lavorano per la formazione degli studenti saveriani bengalesi. Come in Italia, anche in Bangladesh cerchiamo e prepariamo giovani che aspirano a essere missionari e desiderano annunciare il vangelo in altre parti del mondo.
Come hai trovato l'Italia?
Quello che mi ha colpito di più è stato vedere tanti giovani senza ideali e prospettive. Molti muoiono in incidenti stradali causati dell'alta velocità, altri si "sballano" (ho imparato una parola nuova!) con le droghe "leggere". Sembra che tanta gente viva la propria giornata senza darsi un senso. Inoltre, molti matrimoni durano poco, causando un grande problema prima di tutto ai figli e poi alla società in genere. Tutto questo mi è dispiaciuto. Mi sono chiesto dove vada l'Italia e in quali mani siano i nostri giovani. Se loro non hanno un ruolo positivo e non crescono bene, la società muore. Penso che questa sia una realtà che dovrebbe far riflettere tutti noi.
Che ti sembra degli adulti?
Chiacchierando con insegnanti e sacerdoti mi è parso di capire che gli adulti in genere, e i genitori in particolare, abbiano rinunciato al loro ruolo di educatori. I giovani seguono quello che viene loro proposto dai mass media. Oggi sembra che il compito dei genitori sia solo quello di dare i soldi ai figli. A mio parere, bisogna far sì che la famiglia sia il luogo dove i figli imparino a dare un senso alla propria vita e a creare un progetto. È compito del genitore non solo dar da mangiare ai propri figli, ma indirizzarli verso una vita piena e felice. Questo aiuterà il giovane a essere attento agli altri, al vicino di casa e ai poveri che sono lontani. È una grande sfida, me ne rendo conto; ma porterebbe la nostra società a essere più umana e felice.
E la chiesa italiana oggi...?
Non ho girato molto l'Italia. Ho incontrato alcuni missionari che mi hanno parlato di diocesi e parrocchie italiane che hanno stretto un gemellaggio con diocesi e parrocchie d'Africa, Asia e America latina. Il gemellaggio serve per aiutare economicamente la chiesa locale povera. Sono iniziative positive, ma spesso si ritiene che il compito missionario finisca lì.
Mi chiedo cosa rimane della chiesa universale e del mandare missionari dove c'è più bisogno. E qual è la funzione degli istituti missionari?
I vescovi italiani sono molto preoccupati per la non facile situazione ecclesiale delle proprie diocesi. Ma come si può continuare la secolare tradizione dell'invio di missionari? A mio parere, si dovrebbe riflettere molto su questo aspetto, perché le nostre chiese invecchiano rapidamente se perdono lo zelo missionario.