La missione vista dai bambini
Padre Roberto nelle scuole del Friuli
Un missionario è sempre missionario, anche quando lavora in Italia. Noi saveriani, infatti, cerchiamo sempre di dare un taglio missionario a tutto il nostro operato. Per questo, teniamo sempre presente quella porzione di umanità - e non è piccola - che ancora non conosce il vangelo di Gesù.
Spesso, noi saveriani siamo chiamati per incontri e ritiri spirituali con ragazzi, adolescenti, giovani e adulti. A volte, visitiamo anche le scuole. È interessante conoscere quali sono le reazioni dei ragazzi alla proposta di guardare lontano, oltre la nostra regione del Friuli. Padre Roberto Dal Forno ha la capacità speciale di accattivarsi le simpatie dei bambini.
Recentemente è andato nella scuola elementare di Piovega, vicino a Gemona. Abbiamo raccolto i commenti degli alunni di quarta e quinta.
Una giornata bellissima
Marta ha messo giù le sue impressioni senza preoccuparsi di verificare se un pensiero era un po' legato all'altro. “Venerdì dopo la ricreazione, siamo andati nell'aula video. Poco dopo è arrivato il missionario che si chiama Roberto. Ci ha spiegato cosa vuol dire missionario , ma prima lo ha chiesto a noi. Tutti abbiamo dato delle risposte corrette, ma lui ha detto che la cosa più importante che fanno i missionari è ascoltare. Ci ha detto che ha imparato due lingue in Congo e in Burundi. Gli sono servite per comunicare.
Lui spiegava e noi facevamo domande, alle quali egli rispondeva. Poi ci ha fatto vedere delle diapositive. C'erano grandi e piccoli che lavoravano. Le bambine non andavano a scuola ma facevano altri lavori. C'erano cani che facevano la guardia, e un cerbiatto! Avevano anche delle mucche e i loro pesci erano grandi. Mi ricordo il meraviglioso tramonto. Ci ha fatto vedere anche degli oggetti e poi ci ha fatto toccare la pelle di un pitone. Ci ha insegnato la danza del sole e della pioggia. È stata una giornata bellissima, piena di nuove scoperte”.
I mattoni per la casa
Ettore dice di aver imparato tante cose nuove e interessanti. “Padre Roberto ci ha raccontato che per costruire le case ci vuole tanto tempo e fatica. Per fare i mattoni gli operai prendono il limo, lo impastano con l'acqua e lo mettono negli stampi; dopo un po' tolgono con delicatezza dallo stampo l'impasto friabile e lo mettono sulla paglia, sopra e sotto. Dopo qualche giorno, sistemano i mattoni, in modo da formare una fornace con sei porte e la pitturano all'esterno con un liquido nero. Poi all'interno fanno un grande fuoco, che dura una settimana. Dopo di che chiudono le porte per tre giorni, per farli cuocere bene.
Quando sono ben cotti, tolgono i mattoni e con essi possono così costruire la casa. I mattoni vengono trasportati sulla testa dalle donne, che non perdono mai l'equilibrio, nemmeno quando attraversano un ponte fatto di liane e canne di bambù, molto instabile e tremolante che attraversa il fiume impetuoso.
Un sogno che è di tutti
Dario racconta: “Il missionario ci ha detto che in Africa i bambini portano le mucche a pascolare per avere un po' di latte. La gente mangia tanta manioca, che è una specie di patata lunga, perché non hanno molto altro. Mangiano anche delle bacche raccolte da alcune palme altissime, che vengono spremute per fare l'olio”.
Per Angelo è stata un'esperienza interessante “perché non avevo mai visto e sentito tante cose sull'Africa. Ma mi ha fatto anche impressione, perché non mi ero mai accorto di quanta povertà e sofferenza c'è nel mondo. Mi ha colpito molto sentire come vive la gente in Africa, con poco cibo e tanta miseria. Vorrei che non ci fosse più la guerra e che i bambini avessero una casa dove vivere con i genitori e avere da mangiare”.