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La missione, secondo me…

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È difficile trovare un missionario che voglia tornare in patria volentieri, perché la sua vita è ormai la missione; la “sua” casa e la “sua” famiglia o, come direbbe papa Francesco, la sua gioia più vera, sono la missione. Dopo tanti anni di vita in missione, a volte con difficili e limitati successi, il missionario si sente completo di Dio e degli altri, libero di volare tra i valori che veramente contano e che non perderà mai.

Portare un po’ di Gesù…

Quand’ero in seminario a Cremona e venivano a trovarci tanti missionari, la missione appariva a me e a molti seminaristi una bella avventura della nostra vocazione sacerdotale, più che un impegno di vita totale.

Anche le ragioni teologiche della missione allora non ci erano ancora chiare; ma io volevo andare a portare un po’ di Gesù dove lui non era ancora arrivato. E ciò mi bastò per giustificare la mia… partenza missionaria.

Una volta entrato tra i saveriani, tante realtà e ragioni della missione divennero più evidenti e anche più avvincenti. Già durante il noviziato, ricordo di quanto mi ero entusiasmato della missione in Indonesia, specialmente nelle isole Mentaway. Mi gustavo fotografie e articoli su quella missione, e mi pareva di essere già là, a condividere la vita di quella gente e a donare loro “fede e civiltà”, come ci aveva insegnato il nostro fondatore san Guido Conforti.

Sono stato fortunato…

Finalmente a trent’anni, nel 1968, ecco lo sbarco in Sierra Leone. L’arrivo in Sierra Leone fu tutt’altro che accogliente. Arrivai nel pieno della stagione delle piogge con un’umidità al 100%, e il primo pasto - riso e sardine - non fu proprio una grande consolazione. Ma ero finalmente missionario e il sogno della mia giovinezza si era avverato.

Sono stato poi fortunato nell’avere vicino a me il vescovo Augusto Azzolini, un uomo di grande fede e bontà, e due simpatici saveriani cremonesi, p. Camillo Olivani e p. Franco Fiori, che mi instradarono bene sulla via della missione.

Semina di buone opere

Io non avevo scelto i sierraleonesi, né loro avevano scelto me, ma ci eravamo trovati insieme per scoprire la bontà universale di Dio.

E ciò era ed è il cardine della mia missione: farmi prossimo a tutti, lì dove sono… Ecco la missione reale e sofferta ogni giorno.

Per me questo ha voluto dire insegnare a scuola, celebrare in chiesa, aiutare i poveri, organizzare incontri di vita, fare il superiore, dirigere radio Maria, cooperare a sconfiggere Ebola… e qualche volta anche cucinare per gli ospiti! La missione è una semina quotidiana di buone opere con l’abbondanza di vita che solo il Divin Seminatore può darci.



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