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La missione chiama: Preghiera, digiuno e vangelo

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Incontrarti e ascoltarti, Signore Gesù, stare e camminare con te: è il grande dono con cui ci permetti di riconoscere, nel tuo volto, il volto del Padre misericordioso. Se penso cosa vuol dire "pregare", mi perdo. Se ti guardo, colgo la relazione con cui tu ti unisci a me, a ogni fratello e sorella, all'umanità. Tu vieni verso di noi continuamente e ci insegni a pregare.

"Signore Gesù - scrive il vescovo vietnamita van Thuan - sei il mio modello. Il vangelo ti mostra in preghiera una notte intera sulla montagna. Pregavi prima di compiere un miracolo, prima di scegliere gli apostoli, durante la Cena... Pregavi mentre dalla tua fronte colava sudore di sangue nell'orto del Getsemani, mentre agonizzavi sulla croce...".

Capisco allora qualcosa dell'esperienza stupenda di Paolo apostolo: "Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me". La fede di Paolo nasce dalla certezza di essere amato da Cristo. Un amore che lo sconvolge e trasforma. È un Cristo vivo, concreto.

È la buona notizia per tutti noi. Cristo è Signore! Superando i limiti del tempo e dello spazio, è nella condizione di unirsi a ciascuno di noi. È la Persona che mi ama, con cui posso parlare, che mi ascolta e mi risponde. La comunità apostolica afferma che "è risuscitato" (e non "fu risuscitato"), per sottolineare che la risurrezione di Cristo incide nel presente dell'esistenza dei credenti. Possiamo tradurre: "è risuscitato e continua a vivere".

Pregare è dunque incontrarlo e accoglierlo, affidare alle sue mani i nostri pesi, vedere nella sua luce la vita nostra e di tutti, aprirsi con fiducia al futuro da lui annunciato: "mi manifesterò a chi mi ama". Il vangelo di Giovanni continua invitandoci a entrare nel cerchio stesso di Dio: "se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14, 23).

Dottrina astratta? Non mi sembra. È piuttosto una strada concreta per uscire da se stessi e da una cultura fatta più di paure che di speranze.

La quaresima è un'occasione di incontro e liberazione; un invito ad aprire il cuore a Dio e al prossimo. Conosciamo la nostra debolezza e le nostre inclinazioni, e quindi il bisogno di una disciplina interiore.

Il digiuno è un mezzo per riannodare l'amicizia con il Signore; è finalizzato a mangiare il "vero cibo" della Parola di Dio e del suo Pane. È un richiamo alla sobrietà e a condividere con chi più soffre e meno ha. Senza dimenticare che l'amore per i poveri è "liturgia".

Senza rapporto con il Signore l'uomo è solo. Scrive don Benzi: "Chi è in relazione con il Signore, non è più incapsulato in se stesso, soffocato; ma sviluppa la relazione con Dio nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore".

È il segreto di tanti missionari che hanno lavorato e amato tanto. Poi è arrivato il momento del distacco e la loro vita, dopo un tempo di silenziosa sofferenza, si è illuminata come opera di Dio. Come le querce, dopo aver dato ristoro e ossigeno, sono tagliate e bruciate. Poi, come cenere si disperdono nel vento e fecondano la terra.

Le loro radici erano l'incontro quotidiano con Dio. Hanno vissuto "dentro", interiormente. Hanno tenuto lo sguardo fisso su Dio, senza perdere tempo nei propri limiti. Credendo nel vangelo di Gesù si sono lanciati nella libertà di un amore "più grande", donandosi e aprendosi agli altri. Hanno creduto che il vangelo non è solo per i credenti, ma per tutti. Proprio per questo deve essere annunciato a tutti, con la certezza che questo annuncio è in sintonia con il mondo interiore di ciascuno.

Corriamo insieme e con fiducia, ma con Cristo Signore!



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