La missione chiama: La pace normale di chi ha fede
Sono tornato da Goma, in Congo. Un viaggio nelle missioni è una barriera che cade. Sento che la nostra famiglia missionaria è qui e là. Le impressioni sono tante. Ho incontrato la fraternità missionaria, la gente e i compagni di missione. Li ho visti grandi e deboli insieme, davanti al mare sconfinato dei problemi e bisogni delle folle in cui sono immersi.
Ho pensato a Paolo apostolo e a ciò che gli ha detto il Signore: "ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta nella debolezza". Così li ho visti, avvolti da un'umanità fragile, in cui pesano anni di lavoro e fatiche, ma uomini dello Spirito aperti all'ascolto e al rapporto con la gente, capaci di lavorare senza sosta e soprattutto di dare se stessi "a imitazione di Cristo, che morendo in croce dà tutto se stesso per noi" (messaggio per la quaresima, 2008).
A Ndosho, su una landa di sterpaglia e lava, è nata la comunità cristiana "San Francesco Saverio", che unisce gente di provenienze diverse e offre la speranza di costituire insieme il nuovo popolo di Dio. Missionari e gente camminano insieme. Gesù è il riferimento comune.
Ho pregato con loro; ho visto dignità e gioia, nella più grande semplicità. Grazie, Signore, per questa aggregazione nel tuo nome. È un legame nello Spirito, ma tanto concreto sul territorio: superamento di barriere etniche, relazioni nuove, alfabetizzazione, aiuti agli sfollati...
Mi unisco anch'io alla giornata apostolica della comunità. Andiamo insieme a Mugunga nel campo degli sfollati. Sulla spianata lavica vediamo la distesa dei piccoli rifugi fatti con rami e erbe del campo, e tanta gente. La Messa ci unisce. Ho pensato al popolo d'Israele nel deserto. Davvero Dio cammina con noi. Anche in questa situazione, egli invita a guardare chi sta peggio, a vivere la bontà, a diventare costruttori di pace. La Parola di Gesù è annunciata in quello spazio chiamato "chiesa", aperto a tutti, a quanti passano e si fermano sulla strada.
I rappresentanti della comunità mi hanno raccontato il calvario che stanno vivendo: morte, fame, abusi; e il desiderio di tornare a lavorare e vivere nella loro terra. In loro si manifesta il mistero pasquale, la comunione profonda con il Servo sofferente, l'attesa e la speranza della sua luce, dopo il tormento (cf Is 53,11).
A Mudja, una località dell'interno, incontriamo la gente: povertà estrema, ma vissuta con il sorriso sulle labbra. Celebriamo la Messa nel quadrato limitato da quattro pali, tra l'albero dell'avocado e il bananeto. Cantiamo e preghiamo. Padre Antonio, che sta costruendo la chiesetta nel terreno vicino, è l'animatore. Maria, una ragazza dal volto sfigurato, ci abbraccia e manifesta la sua gioia: rappresenta i piccoli del regno di Dio; ripartire da loro sarebbe la novità che potrebbe fare bella la nostra società.
"La casa del vangelo". La sera è il tempo della preghiera. Ascoltiamo il vangelo e accogliamo come un dono la riflessione di ciascuno. La Parola crea comunione e pace tra noi, apre all'amore verso tutti. Davvero il vangelo e l'Eucarestia si rivelano potenza umile nella sua chiesa. L'amico Massimo ha chiamato la nostra comunità, "casa del vangelo". Ho pensato alle nostre missioni come tante "case del vangelo": case che creano comunione e gioia, perché fondate sulla roccia che è Dio, e aperte all'amore per tutti i fratelli.
Durante l'adorazione, rimango colpito dal Crocifisso appeso sullo sfondo. È il segno più forte di Dio che si è immerso nella nostra vita, nell'oscurità del nostro dolore. È il dono che siamo chiamati a condividere per la gioia di tutti.
È l'offerta più grande che possiamo fare agli altri: l'annuncio e la testimonianza di Cristo, nel cui nome c'è la vera vita.