La missione chiama: Il martirio della testimonianza
Mi scrivono: "In Ciad abbiamo vissuto dei brutti momenti. Decine di migliaia di persone hanno abbandonato le città per tornare nei rispettivi paesi di origine o per fuggire dall'altra parte del fiume... Dal 25 al 28 febbraio è stato poi il turno del Camerun con le rivolte popolari violente che hanno causato morti nelle maggiori città.
Quattro giovani missionari saveriani appena arrivati si preparano con coraggio a raggiungere le loro posizioni. Il missionario non è un turista, le ragioni della sua vita sono altre; egli cerca un bene più grande, anche a rischio della propria incolumità personale. Perché non essere fieri di questi giovani che rendono la nostra povera umanità un po' più umana, e ringraziare Dio che esistono?".
È un'esperienza forte dei nostri missionari. La leggo alla luce degli Atti degli apostoli: "Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra". Una testimonianza impastata di martirio, legata al rischio e al sacrificio della vita per il Regno. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza anche nella sconfitta e nell'umiliazione.
Martirio significa testimonianza. Esprime la radicalità della scelta di Dio e la fiducia in lui, fino a consegnare interamente la vita nelle sue mani. "Chi vorrà salvare la propria vita la perderà". La radicalità è dunque il contesto in cui fiorisce il martirio - testimonianza fino a versare il sangue.
Gesù è il testimone fedele. Nell'amore, il Figlio di Dio non è solo vittima, ma anche "dolore" per l'umanità. Egli ha vissuto la solidarietà con gli uomini fino a condividere il senso dello sgomento e l'angoscia del perché del dolore. La testimonianza - martirio è un frutto maturo della fede, un aspetto crudo del vangelo che come cristiani - discepoli di Gesù - tutti siamo chiamati a vivere.
Gesù ce l'aveva detto: "Se qualcuno vuole venire dietro a me... prenda la sua croce" (Lc 9,23). Il suo Regno non è di questo mondo, e per goderlo con lui bisogna attraversare molte tribolazioni. Questa rivelazione del dolore, prevista dal vangelo, porta nel nostro cuore meno entusiasmo, ma non impedisce che si realizzi la promessa di Gesù, "la vostra afflizione si cambierà in gioia". Crediamo nell'amore che abbraccia, come un arco, la vita terrena e quella eterna. È la via dei santi.
C'è anche il martirio del cuore che vedo, a volte, nei missionari che rientrano per una sosta, spesso legata a motivi di salute. È l'esperienza di madre Teresa di Calcutta che si abbandona a Dio, che non vede e non sente. Anche Teresa di Lisieux scrive: "Gesù ha permesso che l'anima mia fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del cielo, dolcissimo per me, non fosse più se non lotta e tormento".
La croce vissuta nel dono di sé attraverso l'ascolto e l'impegno per la verità, il perdono e la giustizia con i più deboli, è la testimonianza più forte della resurrezione di Gesù, un evento di speranza per tutti. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l'amore nella sua forma più radicale.
Le occasioni per fare il suo cammino sono abbondanti. Accogliamo l'invito del Papa ai giovani: "Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo, ascoltate con le sue orecchie, intuite e pensate con il suo spirito... Nutriti dalla preghiera, preparati nel silenzio, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi" (New York, aprile 2008).
Dall'interno della vita cristiana possiamo trovare il coraggio e il sostegno per scelte radicali di amicizia vera, di perdono e di servizio.
È la consacrazione, ossia il dono permanente di noi stessi. Gesù risorto invia anche noi dappertutto come suoi testimoni e ci rassicura: "Io sono con voi sempre, tutti i giorni, fino alla fine del mondo".