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''La mia diocesi è il mondo!''

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Bella e toccante è stata la veglia dei giovani che si è tenuta a Vicenza all’inizio dell’estate in occasione della consegna del mandato di partenza per la missione. Quella sera, nella chiesa di San Francesco, erano presenti tutte le forze della diocesi che si riconoscono per il loro impegno missionario. C’erano i giovani legati all’operazione Mato Grosso, alle suore Dorotee, al viaggio in Terrasanta, alcune parrocchie dell’alto vicentino, il gruppo “Insieme per la missione” sostenuto dai saveriani, l’associazione Gifra dei francescani, il gruppo missionario di Chiampo, alcune famiglie legate a diverse onlus missionarie.

Ben centodieci giovani!

Tutti questi giovani, riuniti insieme per la prima volta, ricevevano dal vescovo il Crocifisso prima di partire per la missione. In totale erano 110 i giovani partenti, segno di una chiesa vicentina che crede ancora molto all’apertura missionaria. La chiesa era strapiena di fedeli perché, oltre ai giovani, erano presenti amici e parenti.

Toccante è stato anche il messaggio del vescovo mons. Beniamino durante l’omelia: “Davanti a questa e ad altre circostanze, il vostro vescovo non si sente solo vescovo di Vicenza, ma di tutto il mondo; la mia diocesi è il mondo!”. In riferimento ai due missionari vicentini, rapiti e poi liberati, il vescovo ha aggiunto: “Abbiamo ritirato dal Camerun i nostri fidei donum per il pericolo in cui potevano incorrere in questo frangente, ma ora ridoniamo alla missione tantissimi giovani”.

''Uscite fuori, uscite!''

Dice papa Francesco: “In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello scoraggiamento, nel senso di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudiamoci, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con chi pensiamo le stesse cose...

Ma sapete che cosa succede? Quando la chiesa si chiude, si ammala.

Pensate a una stanza chiusa per un anno; quando si apre, c'è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una chiesa chiusa è la stessa cosa: è una chiesa malata. La chiesa deve uscire da se stessa. Per andare dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma uscire.

Cosa succede se uno esce da se stesso? Può accadere quello che può capitare a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi dico:

preferisco mille volte una chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una chiesa malata per chiusura! Uscite fuori, uscite!”.

I nostri giovani di Vicenza non potevano avere un segno più bello di chiesa prima della loro partenza. E crediamo che al loro rientro in Italia ci possano aiutare per un cammino di maggior apertura e comunione.



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