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La gioia missionaria di fratel Gino Masseroni

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Fratel Gino Masseroni era cremonese come me. La sua famiglia abitava nella mia stessa parrocchia, San Bernardo, e non molto lontano da casa mia. Fratel Gino è stato vice maestro in noviziato (Ancona 1985). Per noi era una presenza di consacrazione, umanità e disponibilità straordinarie.

Proprio in noviziato, un giorno mi dice che, siccome avevo già la patente, avrei potuto aiutare nel reparto di officina meccanica. Io accetto, pur non avendo dimestichezza come meccanico; non sapevo fare quasi niente, solo ci mettevo buona volontà. Dopo un mese, con molta delicatezza (una tra le sue qualità più belle), mi dice che ci aveva pensato meglio e aveva deciso di “cambiarmi il lavoro” del pomeriggio, lasciando a un altro novizio la meccanica. Io sarei andato con il gruppo dell’orto perché là c’era molto più bisogno. Era evidente che come meccanico non fossi granché; solo che Gino, senza umiliarmi e con un bel giro di parole, mi aveva convinto che mi toglieva dall’officina per darmi una promozione, per offrirmi un premio di responsabilità nel reparto ortofrutta. Il formatore che ci corregge senza farci sentire sbagliati è un grande educatore. E fratel Gino era un ottimo formatore: aveva la capacità di intuire le cose, di osservare e di correggere senza far rimanere male.

Un altro ricordo, sempre relativo al noviziato vissuto ad Ancona, è che un bel giorno, giocando a calcio, mi sono fatto male al ginocchio. Mi hanno portato all’ospedale, dove mi hanno ingessato. Ho trascorso un mese nella bella infermeria del noviziato a leggere libri e a guardare il soffitto. Tutti i giorni, fratel Gino veniva a trovarmi e mi portava i pasti. Con molta calma e umiltà, sempre di buon umore, mi aiutava parlando delle sue esperienze missionarie in Brasile e poi scherzava e mi faceva sorridere.
Fratel Gino era un missionario felice e comunicava sempre, alle persone intorno a lui, questa allegria e voglia di vivere. Quando mi hanno tolto il gesso, per una settimana, indossavo un tutore che mettevo di giorno e toglievo di notte. In più, dovevo fare 20 minuti di ginnastica. Era sempre lui che si prendeva cura di me; mi aiutava a indossare e togliere il tutore e a fare esercizio alla gamba. Con le mille preoccupazioni che aveva, trovava sempre il tempo di aiutarmi. Il nostro noviziato è stato un anno ricco di belle esperienze di vita, di missione e di comunità. Molto di tutto ciò che abbiamo vissuto lo devo alla presenza discreta e gioiosa di fratel Gino in mezzo a noi. p. Gabriele Guarnieri, sx

Sono cremonese, ma ho conosciuto Gino soltanto in noviziato ad Ancona. Era economo della comunità e aveva una parte attiva nel team formativo del nostro noviziato.

Gino era l’icona dell’accoglienza e della gentilezza. Era sempre sorridente e aperto con qualunque ospite e membro della comunità. Era una figura quasi materna. Dava quel tocco di delicatezza che io personalmente gli invidiavo. Con Gino era facile parlare. Ricordo di essermi fermato diverse volte a chiacchierare con lui dopo cena o a pregare insieme il rosario. Potevamo confrontarci, condividere i sogni di missione, ricevere un consiglio. Imparavamo soprattutto dal suo essere missionario sereno e felice, dopo anni di esperienza di vita religiosa e missionaria. Si sentiva in lui una presenza di Dio, coltivata con quotidiana fedeltà.

Gino curava i rapporti con i benefattori. Era attento ai soldi, ma in maniera cristiana. Il maestro dei novizi, p. Vincenzo Munari, ci diceva che Gino chiedeva il permesso anche per poter possedere una semplice penna ricevuta in regalo. Era fedele alla scelta di vita consacrata. Da giovane aveva lasciato la famiglia e il lavoro alla Sperlari (quella dei torroni) per abbracciare la vita religiosa e missionaria.
Ricordo che Gino ci parlava soprattutto di un benefattore anonimo, che regolarmente faceva pervenire 1000 lire alla nostra comunità. Voleva dimostrarci che i nostri benefattori non sono tutti abbienti, ma fedeli, tanto da donare alla missione ciò che avevano.

La sua disponibilità all’accoglienza metteva a suo agio gli amici dei saveriani, i giovani e gli ospiti. Un giorno, ho accompagnato Gayatri, un’amica indonesiana musulmana, a Cremona. Siamo stati accolti dai saveriani e lei ha voluto essere fotografata con Gino sulla porta della comunità. Gayatri si ricorda ancora di quel giorno e di quel saveriano così gentile e contento. 
Ho rivisto Gino a Parma due anni fa. Era in sedia a rotelle, ma sempre con lo stesso sorriso sulle labbra. Grazie per la tua testimonianza: la tua vita è stata la prova più evidente che, se scegliamo Dio, diventiamo felici. Continua ad accompagnarci dal cielo con il tuo sorriso. p. Matteo Rebecchi, sx - Filippine



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