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Là, dove le strade sono i fiumi

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Navigando con p. Marino Rigon

Sono stato a visitare un nuovo villaggio indù. Già da qualche tempo il catechista Manuel mi diceva che c'era un villaggio indù che continuava ad insistere per avere una mia visita, con l'intenzione di chiedermi di continuare la scuola che la Caritas aveva iniziata e poi abbandonata.

Così venerdì con il catechista Manuel e le due suore Hashi e Clara siamo partiti dal fiume Mongla, per finire nel grande fiume Poshur. Eravamo alla fine della bassa marea e le acque stavano ritornando indietro mettendo in burrasca le acque stesse del fiume, come se il fiume volesse impedirci di andare avanti. Forse il fiume e le acque non sapevano che eravamo già esperti in basse ed alte maree, così noi continuammo ad andare avanti imperterriti, attraversando il Poshur verso ovest.

All'altra sponda c'era subito il villaggio dei Rishi di Amtola e subito dietro un canale, dove una barca ci aspettava per portarci al villaggio di Banisanta Ovest. Il viaggio sulle acque calme del canale fu piacevole, anche perché dalla partenza sino all'arrivo i villaggi erano tutti nella stessa situazione che io trovai quarantacinque anni fa arrivando qui nel Sunderbon sulla sponda est del Poshur. Rivivevo i miei anni '50: in barca su e giù per piccoli e grandi fiumi, e su e giù per gli infiniti canali del Delta del Gange.

Mi sembrava di sognare e di essere ritornato ai miei giovani anni, quando in barca andavo di villaggio in villaggio, perché non c'erano strade; ed ora qui mi trovavo nelle stesse condizioni. Non c'è una strada neppure di mattoni, tutti sentieri di terra battuta, viuzze che sono state spezzate dalla stagione delle piogge appena passata, che vanno su e giù, dentro e fuori l'acqua, dove a tratti un sottile bambù ha preso il posto della strada.

Sono come una musica senza tanti alti e bassi, un leggero saliscendi su per i bambù e giù dentro l'acqua, che va avanti calma e liscia, che sembra quasi un idillio. Ma per chi ci vive dentro è una musica tragica, è una passione che non è lontana dalla Passione di Cristo. Bello, bello! Ma ...

Mi venivano in mente i vecchi tempi del Sunderbon, quando la mia vita era spesso in barca nelle meravigliose aurore piene di luce vivida e immerso nei colori vari del tramonto che si riflettevano sulle acque e sul verde della natura, sul cielo colorandolo da azzurro a rosso o arancione. Come era bello il fiume, le grandi masse di verde delle piante che come un immenso cespuglio proteggevano il villaggio, e le capanne che sapevano bene adattarsi a quell'atmosfera.

Ma poi mi prendeva una acuta tristezza al pensiero che dentro a questo verde, dentro a quelle capanne c'era una tragedia di povertà, di malattia, di ingiustizia; ed ancora più triste era il sentimento che mi faceva pensare: "Possibile che solo l'uomo possa essere così malato, così cattivo e così tanto povero ed oppresso dentro a tutta questa meravigliosa bellezza?".

Erano i sentimenti che rivivevano in me quel giorno. Come si poteva, dopo una traversata di fiume, pur quanto grande sia, trovarsi indietro di così tanti anni! Eppure tutto sembrava tranquillo e sereno, come tranquilla e serena era la gente che ci accompagnava e ci aspettava. Il paesaggio era idilliaco, ma la situazione della gente non era entusiasmante.

Mi veniva in mente la poesia dell'antico poeta Sfulingo: "Per molti giorni, per molte miglia, per molti paesi, con molte spese, sono andato a vedere i monti, sono andato a vedere il mare. Ma a due passi da casa non ho aperto gli occhi e non ho visto in tanti anni le condizioni miserabili di questa gente".

Arrivammo al luogo dove c'era la scuola e la casa dell'unico benestante della zona, che aveva donato un pezzo di terra per la scuola. Ci sedemmo, noi sulle sedie e la gente, con molti bambini, per terra. I discorsi fatti non erano discorsi, era un grido sommesso di gente che in umiltà e umiliati, che non è stata educata, che non ha scuole vicine, dove i loro bambini e specie le bambine possano andare; situazione dovuta alle condizioni disastrose delle strade; ma che dico strade, straducole fatte insieme di terra, fango, acqua i ponticelli sono d'un solo bambù.

Appartengono al clan "kotrio", della seconda casta del sistema indù: in antico erano guerrieri, ed ora cercano so lo d'essere guerrieri per combattere la malattia, la fame, l'ignoranza e l'oppressione. Ed io voglio dirvi: "venite e vedete come la gloria di un tempo sia stata gettata nel fango! Ma venite a vedere e spiegatemi come a pochi passi dalla porta del porto di Mongla, ci possa essere tanta miseria. Ora sono anch'essi in un certo modo fuori casta, degli intoccabili, solo perché sono indù".

Tornato a casa sono partito per Khulna, dove ho chiesto al Vescovo il permesso di iniziare una scuoletta. Mi ha dato il via, ma per questo villaggio abbiamo bisogno di una vostra piccola mano.



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