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La corsia preferenziale dei santi

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Quanto sarebbe bello che Guido Conforti tornasse a raccontare anche a noi i segreti della sua santità! Ci direbbe che la santità non è qualcosa che possiamo programmare e organizzare, perché è un dono. La santità è vocazione divina; una chiamata a conoscere la volontà di Dio, prima e meglio.

Quanto sarebbe vantaggioso per la nostra vita sentirci assicurare da san Guido che la santità cresce quando Dio viene a scombussolare i nostri progetti, le nostre statistiche e previsioni... San Guido Conforti, infatti, fece un'esperienza forte della santità il giorno in cui s'incontrò faccia a faccia con la volontà di Dio.

Faccia a faccia con Leone XIII

Era il 16 maggio 1902. Mancavano 14 giorni al suo 37mo compleanno. Alle 18, papa Leone XIII riceveva in udienza privata il canonico Conforti: "Ti ho fatto venire di persona a Roma, perché sentissi dalla bocca del papa, quello che egli vuole da te. Disponiti dunque a fare la volontà di Dio, che ti sarà largo della sua grazia".

Leone XIII era al timone della chiesa da 24 anni. Aveva tenuto la rotta in un'epoca di importanti cambiamenti sociali e politici. E aveva un particolare intuito nella scelta dei suoi collaboratori. San Guido invece era un giovane prete, cagionevole di salute. Lo storico don Manfredi nota che il giovane prete era stato preceduto a Roma da un dossier d'informazioni positive: zelo e limpidezza, equilibrio e capacità di gestire situazioni intricate.

Nel braciere incandescente

In quell'incontro, il nostro santo apprese dalla bocca del papa che nella "illustre e importante" sede cardinalizia di Ravenna i dati relativi alla fede e alla vita cristiana erano molto allarmanti e bisognava intervenire presto, dopo la morte improvvisa del card. Riboldi, evitandogli il consueto tirocinio in diocesi minori...

Quella sera il nostro santo ebbe la sensazione di precipitare dentro un braciere incandescente. Lui stesso riferì in seguito il tono di quell'incontro, precisando: "Sono uscito dal Vaticano con l'animo profondamente agitato e una forte febbre mi travagliò per tutta la notte". Parole inequivocabili, per dire l'impatto che quell'incontro ebbe sul futuro arcivescovo.

Il trasferimento a Ravenna ebbe luogo il 5 gennaio 1903. Il Conforti entrò nella sua diocesi la sera tardi, scendendo dal treno alla stazione di Godo, e percorrendo i 12 chilometri fino a Ravenna in carrozza, all'insaputa di tutti, per evitare possibili dimostrazioni anticlericali.

Braccia tese: alla diocesi e al mondo

Nei primi dodici mesi il nuovo vescovo elaborò un suo piano pastorale. E il giorno dell'Epifania del 1904 parlò ai fedeli riuniti in cattedrale: "Nel corso di quest'anno ho mirato solo a rinvigorire la vostra fede. Ma quanto cammino rimane ancora da percorrere. Più volte ho chiesto a me stesso, da cosa proceda questo deplorevole cambiamento di aspirazioni e di sentimenti nel generoso popolo di Ravenna, per il quale Dio e religione un tempo erano tutto".

Si percepisce in quel discorso che l'esperienza pastorale di vescovo ha impresso uno sviluppo all'incontro che san Guido aveva avuto con il Crocifisso della sua infanzia. L'incontro iniziale tra i due sembra ora trasformato nell'identificazione del vescovo con il Crocifisso. Braccia del Crocifisso tese a intercedere, braccia di san Guido in croce: una tesa a intercedere in favore della sua chiesa diocesana in Ravenna; l'altra tesa a intercedere per i suoi missionari a Parma, lasciati a crescere in altre mani.

Il progetto appartiene a Dio

Per la cronaca, san Guido rimase circa due anni (22 mesi) alla guida della diocesi di Ravenna: due anni di passione, esposto a tante situazioni invincibili; due anni di solitudine, tale da attentare alla sua salute: prima una grave inappetenza, poi la perdita del sonno e infine, lo sbocco di sangue.

Dopo di che san Guido ritenne doveroso rassegnare le proprie dimissioni nella mani di san Pio X. Ma il nuovo Papa lo stimava troppo, e san Guido - tornato a Parma - divenne amministratore apostolico di quella che era stata la sua diocesi, per continuare a dirimere, da lontano, le vicende che lo avevano reso malato.

È il caso di pensare che le vicende di Ravenna abbiano obbligato san Guido a un profondo ripensamento della sua consapevolezza circa il disegno di Dio. San Guido rispose comportandosi come Gesù che rimane in croce per svelare il disegno di Dio Padre su di noi. Ora sentiva di non essere lui il padrone della sua vocazione e, in fondo, nemmeno il protagonista: il progetto apparteneva a Dio e lui ne era il custode.

Dio aveva aperto per lui strade dove solo i santi passano.



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