Il 30 novembre abbiamo inviato gli auguri di buon onomastico a p. Andrea Facchetti (in Mozambico). Ci ha risposto con una lettera, che pubblichiamo volentieri.

Di Ancona ho un bellissimo ricordo. Lì ho fatto il noviziato tra il 2006 e il 2008... Ci sono passato qualche giorno anche l'anno scorso quando ero in Italia per le ferie. E non è mancata una nuotata a Portonovo.

Vi racconto un po' di Chemba e del nostro lavoro. Qui siamo in tre, di tre continenti diversi: Dieudonné (Congo), Enrique (Messico) e io (Italia). Rientriamo ogni sera piuttosto stanchi dalla quarta porta, ma altrettanto felici. Siamo abbastanza giovani, con tanta voglia di fare e una buona intesa tra noi.

Camion cinesi su strade sterrate

Sono a Chemba da un anno. È una terra rialzata, appoggiata sulla riva destra del fiume Zambesi. È un villaggio di capanne, in mezzo alla savana e c’è anche un container metallico con la scritta “banca”. Dove le capre sono più degli umani, non è che circolino grandi capitali…

La nostra casa ha quattro porte. Da quella principale, di prima mattina, si vede il sole alzarsi dalle montagne. È la porta che si apre per accogliere gli ospiti. La maggior parte arrivano in bicicletta o in moto dalle settantasei comunità che compongono la parrocchia. Le strade sono tutte sterrate, ma non sono tanto male: i camion dei cinesi carichi di legname da qualche parte devono pur passare.

Il cuore sorride ed è felice

Due fine settimana ogni tre vado nelle comunità. L’ospite è accolto con reverenza. La capanna, tarimba, è una sorta di letto rialzato fatto di canne. Il menù fisso è a base di polenta e carne di capra, anche a colazione. A Chigonda c’è anche il bagno, costruito con rami e sterpaglie. Senza porta, va bene lo stesso… Il cuore sorride ed è felice.

A Chadeca, Rodrigues, un bambino di dieci anni, mi chiede:

“Come hai fatto per essere bianco? Sei nato così da Dio?”.

Ci sono domande che sono belle, senza una risposta.

A Ndalusa, villaggio di poche capanne sparse, ci arrivo un venerdì di marzo. Le famiglie giungono a piedi o in bicicletta. Portano il sorriso sulla bocca, i neonati dietro la schiena, il canto nel vento, la farina avvolta in un panno sopra la testa, la capra o la gallina per il pranzo della domenica.

Hanno costruito una capanna di tronchi, paglia e fango essiccato tutta per me. Sobria e confortevole. Come altezza ci siamo abbastanza, il problema è la lunghezza: di notte i piedi devono dormire fuori dalla porta.

Il venerdì incontro i catechisti. Sono loro che fanno stare in piedi la comunità. Molti sono poligami. D’altronde, in alcune comunità, il vangelo è stato preso in mano per la prima volta cinque anni fa. Il sabato, abbiamo deciso di dedicarlo alla divulgazione della “Legge della Foresta”, per salvaguardare gli alberi.

Don Milani anche in Africa

La porta sul lato sud della nostra casa mostra la scuola, sotto la croce del sud. Nel corso serale ci studiano 800 alunni suddivisi in tre turni. Molti vengono dai villaggi distanti e si costruiscono una capanna, dove vivono durante l’intero anno scolastico (febbraio-novembre). Il lunedì mattina faccio lezione di etica in due classi. Quasi gratis, tanto per essere etici. Ho pensato di impostare il corso sulla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.

Alcuni studenti stanno battendo alla porta di fianco alla finestra della mia stanza. Sono i ragazzi del pensionato. Proviamo a fare del nostro meglio perché, oltre che a trovare un tetto, un letto e tre pasti decenti al giorno, sia anche un luogo dove si cresce assieme.

Quando mi è stato chiesto di seguirli, mi sono fatto spedire dai miei genitori tutti i libri di don Milani che avevo a casa. Buona e sana fonte di ispirazione anche in terra africana!