In missione con la scorta…
Negli ultimi anni, le mie lettere sono regolarmente boicottate dalle poste ciadiane. E se scrivo per Natale, ad andar bene arrivano a Pasqua. Ma, mi dicono, anche in Italia avete problemi quasi… africani. E anche qui, come nel Bel Paese, la colpa è sempre degli altri. È la storia di Adamo, Eva e del serpente: per Adamo la colpa era di Eva, per Eva era del serpente; e grazie a Dio il serpente era muto, se no l’avrebbe data al cane, il cane al gatto, il gatto al topo…
Molti obietteranno che ormai c’è internet! È vero. Ma io sono un po’ un nostalgico della posta cartacea, che resta tra le mani, crea una presenza diversa, più tangibile.
Al vescovado in… “prigionia”
In Camerun, il 2016 è stato sconvolto dal fatto che, a fine febbraio, le autorità hanno lanciato un allarme in tutto il territorio del nord per il pericolo di rapimenti di stranieri, soprattutto europei e latinoamericani, da parte dei jihadisti di Boko Haram (l’Isis dell’Africa sub-sahariana). Il risultato è stato un provvedimento di restrizione della libertà che ha toccato tutti, compresi i missionari residenti nei villaggi della savana. Siamo stati obbligati ad abbandonare le nostre missioni per stabilirci al vescovado di Yagoua.
Sarebbe dovuto essere “un momento eccezionale” di breve durata e invece è durato per più di sette mesi. Ciò ha scoraggiato vari missionari, che sono partiti. Infatti, le nostre missioni, case e attività sono dove risiediamo. Stare al vescovado costituiva una vera e propria prigionia, nonostante l’accoglienza ricevuta. Di fatto, a Yagoua noi della savana non avevamo nulla da fare.
A casa prima del tramonto
Di giorno, infatti, potevamo recarci nelle nostre missioni, seppure sotto scorta armata dei militari, ma ogni sera dovevamo tornare prima del tramonto. Questo pendolarismo era possibile solo per chi lavorava in missioni relativamente vicine alla città di Yagoua (come me, dato che Da’na è a 17 km da Yagoua), ma chi era lontano non poteva fare avanti e indietro tutti i giorni.
Ho resistito a questo enorme stress, ma non è stato facile: dal 26 aprile al 10 ottobre ho vissuto in domicilio coatto sotto guardia armata. È stata un’esperienza molto pesante, perché ero limitato enormemente nella mia libertà di svolgere attività pastorali. Anche fisicamente ero più stanco per i continui viaggi e provato per la custodia militare assillante. La situazione non era facile nemmeno dal punto di vista economico: avevo a mio carico i pasti della scorta, il noleggio dell’auto su cui viaggiava, un contributo al vescovado per il vitto e alloggio.
La vita continua, grazie a Dio
Essendo rimasto l’unico saveriano nel nord Camerun, temevo che i superiori avrebbero finito per chiedermi di partire da Da’na. Così, ho provveduto ad alcuni lavori di costruzione e riparazione, in modo da rendere più agevole a un eventuale presbitero diocesano la vita missionaria nella savana di Da’na.
Per fortuna, ora ho ripreso la mia vita normale, con tutte le attività missionarie e pastorali. Tra metà agosto e inizio settembre ho tenuto i corsi di teologia a N’Djamena-Bakara e in novembre ho ripreso a insegnare a Maroua.
La vita continua, grazie a Dio. Auguri per un felice 2017!