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Padre Luigi Lo Stocco, saveriano di Lenola, ha celebrato 50 anni di sacerdozio missionario il 16 ottobre (1966-2016). Ci ha inviato questa riflessione, in cui ripercorre il lungo cammino fatto.

La mia vocazione è nata in famiglia, con genitori straordinari, pieni di fede, e con una vita cristiana aperta al Signore e alla sua presenza nel prossimo. Ho iniziato il seminario subito dopo le scuole elementari. Il ricordo di quel giorno quando, accompagnato dai miei genitori, ho varcato la soglia del seminario di Gaeta, mi emoziona ancora.

Ma gli anni del liceo al seminario interdiocesano d’Anagni furono decisivi. I miei ottimi professori ed educatori, tutti Gesuiti, mi fecero innamorare sempre più della mia vocazione al sacerdozio missionario.

Padre Gardini e i saveriani

L’incontro con il carisma di san Guido Conforti avvenne in modo quasi improvviso, in un momento in cui mi sembrava di brancolare nel buio e non riuscivo a fare la mia scelta. Volevo diventare missionario e le varie proposte non riuscivano ad appagarmi. Poi, arrivò p. Gardini dei saveriani. M’innamorai subito di ciò che, con molta delicatezza e rispetto, mi raccontava, sulla bellezza del loro stare insieme, sul modo in cui vivevano la loro spiritualità e vita missionaria. Lasciai il seminario di Anagni ed entrai dai saveriani nel 1961.

Erano gli anni in cui cominciava il Concilio Vaticano II e si percepiva l’unità di una chiesa veramente universale. Tutto era molto affascinante. Il giornale dell’ordinazione presbiterale (16 ottobre 1966) è stato indimenticabile. Eravamo in 18. Rivedo i tanti volti che in quel giorno hanno varcato la soglia del “Grande Alveare” di via San Martino 8, a Parma, e hanno pregato e trepidato insieme a noi.

Mettiti in piedi, costruiamo insieme

P. Castelli, superiore generale, mi inviò a Piacenza, per dare una mano nell’animazione missionaria. Poi la partenza per il Congo, dove sono rimasto circa trent’anni con vari ruoli. La missione è innanzitutto presenza. E la presenza è fatta di vicinanza, accompagnamento, di una strada percorsa per arrivare insieme a una meta. La mia presenza è scaturita sempre da una preoccupazione educativa. Ed è ciò che ancora oggi mi sta più a cuore nel ministero che svolgo come parroco, a Lenola.

Con la mia gioventù di Uvira, Bukavu, Walungu, Ngene avevamo scelto come slogan “Mettiti in piedi, costruiamo insieme”. È stato alla base di tutte le scelte, “battaglie” e ragionamenti.

Come vivere il cristianesimo

I ricordi sono tutti significativi, perché tutti fanno parte della vita. Col passare degli anni ho notato, nei congolesi, una presa di coscienza nuova, sempre più netta e marcata. Quante volte ho ripetuto anch’io di non accontentarsi, ma di saper vedere già il futuro e diventare “coscienza critica” nella società, cercando solo ciò che è veramente giusto!

La pastorale delle comunità di base ci spingeva a gesti molto semplici di condivisione, alla portata di tutti, attraverso momenti di preghiera comune, canti e riflessioni.

Erano occasioni utili per far capire che vivere il cristianesimo è un’esperienza che viene “da fuori”, ma che cresce nelle persone del posto. Essere uomini tra gli uomini, questa è la missione!

Da più di dieci anni, ho dovuto lasciare il Congo e continuare ad essere missionario accanto ai miei anziani genitori. Papà ci ha lasciato, resta la mamma, prossima ai 100 anni.

Pur cambiando lo spazio geografico, la missione resta sempre la stessa: annunciare la salvezza di Cristo Gesù.



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