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Padre Silvio Turazzi ha inviato alla Gazzetta di Parma la sua testimonianza di paziente nel reparto Covid, per condividerla con i lettori.

Sono all’ospedale, reparto Barbieri, zona rossa, guidato dalla professoressa Tiziana Meschi. Condivido qualcosa di questa esperienza. Non nascondo un timore iniziale. Osservo le persone: ammalati e personale medico. Ascolto il ritmo di chi porta il casco-ossigeno. Vedo correre delle “gazzelle di Parma”, giovani donne e uomini.

Tanti vengono dal sud o da altri paesi. Portano una tuta bianca da “astronauti”, così la chiamano, ma dentro c’è un cuore empatico. Aiutano nelle relazioni con le famiglie. Lo stesso atteggiamento l’ho visto nel reparto di rianimazione dove il personale è più numeroso.

Dove c'è amore, lì c’è Dio. Noi ammalati di Covid entriamo con paura. Qualcuno dice: “Adesso mi manca il fiato, voglio morire”. Poi dirà: “Voglio vivere!”. È bello sentire le relazioni tra gli ammalati e le famiglie. “Metti i fiori vicino al balcone”, dice uno alla moglie.

Un altro raccomanda di salutare tutti i nipoti. Io ho chiesto di portare Gesù-Eucaristia e il cappellano francescano è arrivato. Ci guardiamo, portando insieme dolore o rabbia e la speranza di tornare a casa.

Per me una vera scuola. Sono contento di aver vissuto il Natale qui, tanto vicino a quello di Gesù, di potere benedire tutti i giorni questa famiglia di Dio. La Benedizione è come una tettoia della mano del Risorto. Zona rossa non è un bunker, ma un’oasi! Certo è un cammino: sofferenza e gioia. È il mio povero grazie!



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