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L’eredità di don Mario Ricca

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Il 2 settembre, in “Santa Maria Ausiliatrice” di Forlì, nel quarantesimo anniversario della morte, si è celebrata la memoria di don Mario Ricca, forlivese, missionario Fidei Donum in Congo.

Ho avuto il piacere di presiedere la celebrazione Eucaristica con la partecipazione dei parroci successori di don Ricca e del saveriano p. Antonio Guiotto. Nell’omelia ho ricordato che non abbiamo fatto una cerimonia per ricordare le ceneri di don Mario, ma per custodire e ravvivare il fuoco che rese incandescente la sua vita. Don Ricca ha vissuto la vita buona del Vangelo con una coerenza radicale che sgorgava dal cuore. Qualcuno lo riteneva un idealista. Lui pensava solo agli altri. La sua vita era dedicata a Cristo per il servizio del vangelo. È morto bruciato dalle febbri malariche, perché ardeva di un fuoco più grande: l’amore per i poveri del Congo, crocifissi dalla durezza del cuore umano.

Giovedì 27 settembre, nella chiesa “Santa Lucia” di Forlì, si è tenuta una seconda commemorazione, unita al ricordo di papa Giovanni Paolo I. Era organizzata dal circolo Acli Oscar Romero, con le parrocchie dell’Unità pastorale del centro storico. Ho portato la testimonianza di p. Francesco Zampese, che ha vissuto con lui per alcuni anni nella stessa missione in Congo.
“Don Mario arriva in Zaire (Congo) nel maggio 1971, accompagnato dal saveriano p. Giuseppe Arrigoni. Inizia la sua missione africana a Kasika, piccolo villaggio sperduto nella foresta equatoriale della regione del Kivu, a Sud Est del paese. Uomo di grande coraggio e senza troppi calcoli umani, inizia la sua missione nella più totale povertà e semplicità di vita. Due strumenti lo accompagnano: una carriola (per lavorare) e una tenda (per abitare tra la gente). Inizia l’avventura missionaria senza una casa per riposare e una chiesa per riunire i fedeli. Con passione, offre dignità e senso alla vita di ogni persona. Con mezzi poverissimi inizia il progetto per dare una casa al Signore e, infine, per darsi una casa. Ha iniziato un percorso di sviluppo e crescita sociale, cercando le soluzioni nel lavoro e nello sforzo locale, mettendo fine, nella misura del possibile, alla dipendenza dall’Occidente. Inventa una conceria, cercando il ‘tannino’ nelle piante della foresta circostante. Intorno a questa iniziativa, fa nascere un fiorente artigianato di borse e sandali. Don Mario è sepolto a Kasika, davanti alla sua chiesa e vicino alla sua conceria”.



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