La politica del Padre Nostro
“Ah...don Mario!”, mi disse Annalena con un sorriso luminoso quando l’incontrai verso la fine del 2002 nella parrocchia di Ravaldino. In questi giorni, in cui si fa memoria di Annalena Tonelli con una straordinaria ricchezza di iniziative e contributi, vorrei ricordare don Mario Ricca per il quale, così come per Annalena, “la vita ha senso solo se si ama”.
Cresciuto nella parrocchia S. Lucia, alla scuola di don Pippo e parroco della Cava dal 1954 al 1971, don Mario si era fatto “pane quotidiano” per centinaia di famiglie, in un nuovo quartiere della periferia operaia di notevole immigrazione dal sud e dalle campagne. La zona aveva bisogno di un pastore, la cui testimonianza evangelica fosse resa più credibile dal prendersi cura anche dei tanti bisogni concreti e materiali (oltre che educativi) delle persone e della comunità.
Don Mario fu capace di coinvolgere, in questo impegno, tutti gli uomini e le donne di “buona volontà” di qualsiasi orientamento politico e culturale. Restano memorabili le lotte tanto vivaci e determinate quanto ricche di fantasia e prive di ogni forma di violenza (anche del linguaggio) che, negli anni sessanta, contribuirono ad arricchire il quartiere di tutti i servizi indispensabili, e soprattutto di un forte spirito di appartenenza comunitaria.
Il suo stile, per alcuni aspetti vicino a quello di don Milani, suscitò scandalo. Ma don Mario, nello spirito del Concilio, rimase sempre fedele alla “politica del Padre Nostro”, come la chiamava lui stesso. Nel 1971, a 48 anni, dopo un’intesa fra la diocesi di Forlì-Bertinoro e quella di Uvira, partì missionario “Fidei donum”. Morì sette anni dopo, di malaria curata troppo tardivamente, nella missione di Kasika. Credo che tutta la realtà forlivese (e non solo) potrebbe trarre grande giovamento spirituale (e anche etico-politico) dalla conoscenza di questa testimonianza pastorale.