L'anno giubilare del Saverio
P. Silvio Zarattini con i sacerdoti a Zelarino
Il 3 dicembre scorso, un buon numero di sacerdoti delle diocesi di Venezia, Treviso e Padova, hanno celebrato l'Eucaristia nella cappella dei missionari saveriani. Era la festa san Francesco Saverio, patrono delle missioni e modello dei saveriani, fondati dal beato Conforti. Così è iniziato l'anno giubilare in ricordo dei 500 anni dalla nascita del Saverio, nel castello di Javier, nella Navarra spagnola, il 7 aprile 1506.
L'anno del Saverio è un'occasione per rafforzare lo spirito missionario di ogni cristiano, e ancor più di ogni ministro che ha responsabilità nella chiesa. Bisogna esplorare nuove vie all'impegno apostolico di ogni credente, che ha il dovere di testimoniare la sua fede negli ambienti dove vive e lavora: in famiglia, nella società e nelle sue relazioni con gli altri.
Il Saverio in mezzo a noi
Era con noi il gesuita p. Silvio Zarattini di Mestre. Nell'omelia, ci ha aiutato a riflettere e meditare, con immagini precise e pennellate di fede. Ha iniziato riconducendoci spiritualmente all'ultima Messa del Saverio, mentre agonizzava per la febbre sullo scoglio di Sanchan, a dieci chilometri dalla costa cinese. Il Saverio ha solo 42 anni. Antonio, un giovane cinese che è con lui, coglie poche parole, bisbigliate al Crocifisso, che il santo tiene in mano: offre se stesso, ricorda i “compagni di Gesù”, implora misericordia. Spira il 3 dicembre mattina del 1552. Quella Messa dovrebbe essere vissuta spiritualmente da ciascuno di noi.
Erano venuti a Venezia da Parigi, per andare in Terra Santa. Nell'attesa, il Saverio serve gli appestati e si prende cura degli incurabili con carità eroica, nei luoghi dove oggi sorgono il seminario patriarcale e il santuario della Madonna della Salute. Proprio a Venezia il Saverio era stato ordinato sacerdote con sant'Ignazio, il 24 giugno 1537. Durante l'estate dello stesso anno fa un corso di esercizi spirituali a Monselice (Padova) e lì predica al popolo. Tempo di preparazione e di discernimento per diventare sempre più vero “compagno di Gesù”.
“Eccomi, sono pronto”
Un altro quadro: le povere stanzette dei primi “compagni di Gesù” a Roma. Si erano messi a disposizione del papa. Nel frattempo, il re Giovanni del Portogallo aveva chiesto al papa di inviare alcuni gesuiti nei suoi possedimenti, nelle Indie. Ignazio manda Simone e Nicola, che però si ammala. Deve sostituirlo all'ultimo momento: l'indomani l'ambasciatore portoghese partirà per Lisbona, da dove salperà per le Indie. Ignazio chiede a Francesco, che ha un solo giorno per prepararsi al viaggio. Ma il Saverio è già pronto: “Eccomi, accetto. Ho pregato per anni che mi venisse data l'opportunità di andare nelle Indie. Grazie, grazie”.
Il 15 marzo 1540 il Saverio lascia l'amico Ignazio: non lo rivedrà più. Ha 34 anni. Un uomo robusto, atletico, innamorato di Cristo. Iniziano i grandi viaggi per aiutare le anime, ovunque si trovino, a “conoscere Dio in Gesù”, mediante la preghiera, l'annuncio e la carità.
Un lavoro di scavo, “per tirarle fuori dal peccato e spingerle a servire Dio, producendo frutto abbondante” - così scrive Saverio nella lettera del 20 giugno 1549. Si occupa dell'educazione, dei rapporti sociali, della pastorale, dell'incremento della vita comunitaria. Si circonda di amici e protettori, di benefattori e collaboratori.