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“Insegnaci a contare…”

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In prossimità della fine d’anno e dell’inizio del nuovo siamo stati inondati di calendari e agende di ogni specie: un modo per fare gli auguri, per ricordare un prodotto o anche un'organizzazione. Sono strumenti per misurare il tempo e programmarlo che però, oltre alla finalità immediata, ci aiutano a pensare al dono e alla responsabilità del tempo, ponendoci una domanda tanto seria quanto ineludibile: Cosa ci riserverà l'anno nuovo? Di che cosa riempiremo le pagine dell’agenda del 2015? Non lo sappiamo esattamente.

C'è chi confida negli oroscopi e ad essi si affida per intuire qualcosa del futuro che gli sta davanti. Noi cristiani più semplicemente ci affidiamo a Dio che ha in mano i nostri giorni (cfr salmo 31,16) e la nostra sorte, e che ci dona questo nuovo tempo per diventare sempre più umani, in linea con il progetto creatore di Dio. Questa è la nostra salvezza. Tuttavia, anche in questa prospettiva cristiana, torna in mente la stessa domanda: Come sarà l'anno nuovo?

Una domanda legittima

È una domanda motivata e legittima, visto che l'anno nuovo si apre con segni che non sono proprio consolanti. La paura continua a opprimere la nostra mente e il nostro cuore, e non ci lascia vivere tranquilli. Basta che guardiamo il globo terrestre per contare le troppe guerre che lo insanguinano, il terrorismo che lo paralizza e le malattie che lo minacciano. Possiamo notare che le zone rosse della guerra, della fame, delle malattie, dell'analfabetismo, della povertà e della violenza, che affliggono troppa gente, si stanno pericolosamente allargando.

Non sono miserie che accadono per caso, un destino ineluttabile e imprevedibile. Non sono frutti di chissà quale congiuntura: le piogge torrenziali con le conseguenti inondazioni che sono state protagoniste di questi ultimi mesi, e neppure le siccità in un mondo che viene sistematicamente saccheggiato per trarne il massimo profitto. Il nostro non è un tempo di pace e di benessere per tutti.

Non siamo soli

E però noi non siamo soli davanti al male che avanza. Da duemila anni Dio si è fatto “carne” ed è entrato, fragile e mortale come noi, nella nostra storia, facendosi uguale a noi in tutto, fuorché nel peccato. Questo non è un mito; è un fatto storico. Quando è scoccata l’ora prescelta, a un certo punto della nostra storia, il Figlio di Dio è entrato nella nostra carovana di pellegrini, e la sua "carne", la sua persona è diventata il luogo dell'incontro, della nostra comunione con lui e tra di noi, suoi fratelli e sorelle. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).​

La sua presenza in mezzo a noi non cambia automaticamente i nostri giorni, non cancella il male e non modifica il corso della storia, ma fa della nostra storia il luogo della speranza, anche quando attorno a noi gli avvenimenti sembrano alzarsi minacciosi rumoreggiando come un uragano tropicale mentre il cielo è lacerato da fulmini e da fragori che ci spaventano.

Il nostro compito con Dio

Da duemila anni ormai la croce del Signore, il nostro “Dio fatto uomo”, è piantata in mezzo alla corrente del tempo, segno di riconciliazione e di pace, sostegno della nostra speranza qui sulla terra. Gesù Cristo, l'Agnello immolato, è l'unico "degno di prendere il libro [della storia] e di aprirne i sigilli" (Ap 5,9); è l'unico che sa dare un senso, una direzione alla nostra storia. E noi, sua chiesa, siamo incaricati di (cioè, siamo missionari per… ) testimoniare e annunciare Colui "che è la nostra pace" (Ef 2,14), che ha fatto l'unità di tutti i popoli secondo il progetto divino della salvezza, che si realizza nel corso dei secoli.

Il nostro compito di discepoli-missionari anche quest’anno è quello di coltivare la speranza. Un compito che a volte mette a dura prova la fede di chi ha la missione di annunciare che "il regno di Dio si è fatto vicino".

Per fortuna nei giorni di Natale abbiamo sentito di nuovo la consolante parola della nostra fede: "Il Verbo si è fatto carne e ha messo la sua tenda tra di noi". È dunque ancora possibile sperare che la comunità degli uomini possa "contemplare la sua gloria" (Gv 1,14) in un mondo nuovo, riconciliato, dove tutti possono vivere insieme in modo degno dei figli di Dio: ecco il nostro compito per il 2015.



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