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Don Angelo Cocconcelli, sacerdote Reggiano, dà una preziosa testimonianza, assicurando che il servo di Dio p. Pietro Uccelli ha vissuto la virtù della carità fin dall’inizio del suo sacerdozio e che i poveri erano i suoi prediletti.

“A Cavriago, dove sono nato, ho sempre sentito parlare di p. Pietro Uccelli come di un santo. Si era distinto per la sua carità, fino a portare il suo piatto di minestra a un povero che aveva bussato alla porta all’ora del pranzo. Allora, generalmente, si dava un pezzo di pane e basta. Invece lui ha preso il piatto della minestra e lo ha offerto al povero. Tutto il paese è rimasto colpito dal gesto”.

Nei tanti anni vissuti a Vicenza, p. Uccelli ha praticato tutte le opere di misericordia. Si recava regolarmente anche in un istituto di rieducazione per ragazze emarginate o condannate dai tribunali.

Non solo visitava i poveri e consolava gli afflitti, ma era capace di piangere con chi piangeva.

Ecco una bella testimonianza.

“Appena entrai nella stanza, vidi un fraticello piccolino che mi disse: «Si sieda qui, mi racconti la sua storia». Io cominciai a raccontare, e raccontando piangevo. Il bambino, vedendo me piangere, si mise a piangere. E padre Uccelli, commosso, si mise a piangere anche lui. Così tutti e tre abbiamo tirato fuori il fazzoletto per asciugare le lacrime!” (Tapparo Maria).

Anche i ragazzi di strada avevano un posto nel cuore di p. Uccelli, e loro si accorgevano della sua attenzione missionaria. “Quando p. Uccelli passava per la strada in bicicletta, anche i ragazzi lo chiamavano, in senso benevolo. Erano ragazzi di strada. Tutti gli volevano bene e lo salutavano: «Padre Uccelli, padre Uccelli!». E lui alzava la mano destra in segno di saluto, sempre!” (Palmira De Nardo).

Molte mamme gli portavano volentieri i loro bambini per una benedizione, e ne riservava una speciale alle mamme in attesa.

Padre Uccelli aveva anche un’altra caratteristica: non faceva distinzioni tra le persone.

Per lui anche i poveri e gli operai erano “signori” e come tali li trattava.

“Penso all’umiltà di quel sacerdote: pur avendo una grande personalità, era educatissimo. Chiamava sempre mio padre, «il signor Bruno». E il papà, commentando il fatto con noi, diceva: «Io mi sento tanto un signore! Pensa, padre Uccelli mi dice, signor Bruno!». Questo è molto bello. Con una semplice parola p. Uccelli gli aveva fatto sentire di essere una persona. In fondo il papà era un semplice pittore, con la quinta elementare fatta in qualche modo dopo la guerra” (la figlia Fanin Mira).



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