Il Signore sa sempre aspettare
La conversione sotto una grande croce
Avevo 33 anni. Dopo una lunga assenza dalla casa di Dio, una sera di quaresima del 1983 ebbi la grazia di sentire tutto il suo amore, sotto una croce. Ero stato invitato da amici a un ritiro di giovani organizzato nell’ex seminario di Pompei.
Non credo ai preti
“Perché non vieni anche tu?”, mi domandò Mariarosaria. “Non credo nei preti”, risposi risoluto e prevenuto, reclinando allo stesso tempo l’invito. Nel cuor mio, però, da tempo maturava un’esigenza di Dio. Il mio problema era innanzitutto trovarlo, ma non sapevo dove!
I testimoni di Geova erano per me solo degli eretici; della chiesa non mi piacevano i sacerdoti. Mi rimanevano i pentecostali, ma per fortuna non riuscii a contattarli, perché andai a quel ritiro.
Mi colpì molto vedere, in un grande prato del seminario, tanti giovani che dialogavano ognuno con una persona più adulta. Chiesi all’amico Sergio cosa stessero facendo. Mi rispose che si stavano confessando. Non avrei mai creduto che la confessione potesse svolgersi in quel modo.
Davanti a quel grande Cristo in croce
Arrivò l’ora della Messa, per cui entrai con la mia famiglia in chiesa. Quando entrammo, vidi nella chiesetta una scultura grandissima del Cristo in croce che risorge. Per tutto il tempo della celebrazione eucaristica mi ritrovai, indegno peccatore incallito, sotto quella croce. Fu un momento di grazia indescrivibile.
La voce di Dio che per tanto tempo incitava la mia coscienza a ritornare sulla retta via, si concretizzò in un atto di amore tangibile, nonostante i miei tradimenti continui. “Fammi morire in questo momento”: questa fu la mia reazione, per la prima volta onesta e sincera e piena di coraggio. Non mi sentivo degno di stare in quel luogo di preghiera.
Dopo trent’anni…
La risposta del Signore non si fece attendere. In un attimo vidi scivolare alle mie spalle tutto il mio passato di peccato. Erano più di trent’anni che non entravo in una chiesa; l’ultima volta che l’avevo fatto fu quando mi sposai. In confessione, prima del matrimonio, raccontai quattro chiacchiere al prete, per togliermi dai piedi quella figura scomoda per la mia coscienza.
Il giorno successivo a questo avvenimento di grazia, mi recai al lavoro. Un collega mi invitò a un’operazione illecita per cercare di arrotondare lo stipendio, ma il mio rifiuto lo disorientò a tal punto che volle sapere che cosa mi fosse successo. Raccontai tutto quello che Dio, la sera prima, aveva fatto per me e mentre parlavo vidi il mio collega con gli occhi luccicanti di lacrime. Da quel giorno, anche lui insieme a me cambiò vita.
L’incontro con i saveriani
Incominciai a frequentare la chiesa, ma solo la preghiera non mi era sufficiente. Così dopo poco tempo mi recai dai saveriani di Salerno, per chiedere loro come avrei potuto collaborare con i missionari impegnati nei paesi del terzo mondo. Mi trovai di fronte p. Carmelo Sanfelice, ora missionario in Congo, che, dopo una piccola chiacchierata, trovò in me la sincerità del cuore per quello che gli proponevo. Da quel giorno ho incominciato a collaborare con i missionari saveriani.
Mi hanno permesso di frequentare la loro casa come uno di famiglia e mi hanno concesso un piccolo spazio nel giardino della loro casa, dove elaboro piccole sculture in legno. Il ricavato di eventuali vendite è devoluto a favore delle missioni dei saveriani e delle saveriane.
Da loro ho imparato tanto, specialmente la discrezione. Nonostante la diversità di carattere, in ognuno si scorge un unico riferimento principale: orientare le anime a Dio e annunciare il vangelo a tutti coloro che non hanno mai sentito parlare di lui.