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Il nuovo Papa, un dono di Dio

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La nostra rivista ha i suoi ritmi. Non è un quotidiano che offre la cronaca del giorno precedente ma, con la sua scadenza mensile, permette di decantare le impressioni e riflettere pacatamente sugli avvenimenti e sulle cose importanti della nostra vita.

Un'accoglienza straordinaria

Dal 13 marzo scorso la chiesa ha un nuovo successore di Pietro, il papa Francesco, vescovo di Roma e garante dell'unità di tutte le chiese sparse nel mondo. La sua apparizione al balcone della basilica Vaticana è stata una sorpresa straordinaria, che ha scombinato ogni previsione e ha coinvolto tutti: cattolici, anzitutto, ma anche non cattolici e non cristiani, come s'è potuto vedere alla televisione in quei giorni, tutti affascinati dalla semplicità e dall'umanità di quest'uomo chiamato a Roma "dalla fine del mondo".

Nell'editoriale del mese scorso, scritto a ridosso del conclave, vi raccontavo come era stata vissuta in Burundi la rinuncia di papa Benedetto XVI e come si aspettava il nuovo papa. Ebbene l'accoglienza del nuovo Papa, fino ad allora sconosciuto, è stata ugualmente straordinaria.

Coloro che ne hanno potuto seguire in diretta la presentazione, dopo la prima comprensibile sorpresa, hanno subito simpatizzato con lui. Lo si coglie nei discorsi della gente, che parla di lui come fosse sempre stato il capo della chiesa.

Semplicemente "Fransisiko"

Il suo predecessore, per il quale c'è un'immensa e giustificata tenerezza, era chiamato con il cognome: "papa Ratzinger". Il nuovo papa è semplicemente "Fransisiko - Francesco", come uno di casa, anche perché qui è difficile pronunciare "Bergoglio". Anche qui in Burundi, san Francesco è un santo particolare, amico dell'uomo e della natura, il santo della pace e del dialogo anche con i musulmani. A tutto questo vuole richiamare il nuovo papa.

I primi gesti del papa, semplici e cordiali, umili ma profondamente veri, hanno fatto apparire in tutta la sua novità il dono di Dio alla sua chiesa e nel fascino che l'accompagna traspare il volto del buon Pastore, che Dio ha chiamato a essere padre di tanti popoli diversi.

Il buon pastore dei poveri

Una delle affermazioni più frequenti di papa Francesco è stato il suo desiderio che la chiesa ritrovi la vera fisionomia di chiesa di Gesù Cristo, chiesa che evangelizza, chiesa dei poveri e per i poveri. Quest'ultima espressione, che si trova nel documento conciliare del Vaticano II sulla chiesa, era stata quasi dimenticata e la chiesa era diventata ancora una volta una chiesa potente, vittima della sua stessa grandezza.

Ora papa Francesco parla di nuovo della chiesa dei poveri come un punto programmato del suo pontificato. Esso era nell'aria, quasi una risposta che colma un'attesa presente nel cuore di molti - a più riprese ne hanno accennato i nostri editoriali di questi ultimi mesi - e in questi tempi di «nuova evangelizzazione» può tornare a essere un tema chiave della missione della chiesa.

Verso nuovi orizzonti

L'elezione di papa Francesco, primo papa non europeo della storia, ci ha fatto toccare con mano che la chiesa, pur povera e peccatrice, è nelle mani di Dio, oggetto del suo amore e delle sue cure; che i giochi e le manovre umane non hanno spazio nell'elezione del papa; e infine, che è vero ciò che Gesù ha promesso a Pietro: "Le potenze degli inferi non prevarranno sulla chiesa", e cioè che il male, tanto esterno quanto interno alla chiesa, non potrà far naufragare la barca di Pietro.

Ogni volta che le onde s'infrangono contro di essa, la barca di Pietro viene spinta al largo dalla Parola di Gesù e dal soffio potente del suo Spirito: "Prendi il largo...". Il timoniere è tornato al suo posto. Con papa Francesco, intravvediamo nuovi orizzonti e questo ci riempie di speranza.

Davvero non potevamo ricevere da Dio un dono più bello per il 50° anniversario del concilio. Nel volto del nuovo papa rivediamo i tratti del "papa buono", dell'indimenticabile Giovanni XXIII, il papa che ha convocato il concilio per una nuova primavera della chiesa, del quale il mondo ha ancora nostalgia. Grazie, papa Francesco.



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