Giappone al telefono: Saper ascoltare
Un modo per aiutare la gente in difficoltà può essere quello dell’uso sapiente del telefono. Personalmente ho sempre preferito il colloquio diretto, faccia a faccia, piuttosto che la comunicazione telefonica dove non si vede l’interlocutore.
Con lo sviluppo e la diffusione dei telefonini ho dovuto rivedere le mie idee ed operare un cambiamento notevole. Mi sono accorto che la gente attorno a me per lo più preferisce parlare attraverso la mediazione di un mezzo di comunicazione. Non entro in merito ad esprimere un giudizio se la cosa rappresenti un’evoluzione o un regresso nella comunicazione, constato semplicemente l’evidenza dei fatti.
Mi sono reso conto di questo cambiamento partecipando in Giappone ad un corso di preparazione di operatori telefonici che si propongono di aiutare le persone in difficoltà ascoltando i problemi al telefono. Si tratta di un gruppo di volontari credenti e non, che mette a disposizione un po’ di tempo per ascoltare ed interagire al telefono.
Il gruppo è nato per iniziativa del vescovo che, preoccupato dell’alto numero di suicidi, ha pensato ad un telefono della speranza. Un prete diocesano si è messo al lavoro e l’iniziativa ha preso forma. Sono ormai vent’anni che il gruppo esiste sul territorio, ricevendo una decina di telefonate al giorno sui problemi più disparati che la gente incontra. Il fatto che la persona possa mantenere l’anonimato facilita l’esposizione della situazione; il fatto di telefonare permette di confrontarsi con qualcuno senza correre rischi e pertanto di oggettivarsi e cercare una soluzione ai problemi. L’operatore che sta dall’altra parte del telefono ha l’unico compito di ascoltare con attenzione ed aiutare chi sta parlando a chiarire meglio a se stesso ciò che sta vivendo, ed eventualmente trasmettere speranza e fiducia.
Ho partecipato ad un corso di formazione permanente che si tiene ogni anno per una serie di venti sabati consecutivi nella sede diocesana; parlano psicologi dell’università, medici, insegnanti e preti. Incontri molto ben fatti; vi partecipano una trentina di persone in gran parte principianti, più un numero imprecisato di persone che già interagiscono, ma che vogliono migliorare sempre più la capacità di ascolto e di aiuto.
Non sono ancora un membro effettivo degli operatori, e probabilmente non lo diventerò mai, vista la mia pronuncia straniera ed il mio modo di parlare il giapponese ancora molto approssimativo. Tuttavia la notizia che un missionario straniero è a disposizione ed ascolta la gente, si è subito diffusa. Cominciano così ad arrivarmi telefonate di natura molto diversa, che mettono a dura prova la mia capacità di comprensione ed ascolto. Fino ad ora la telefonata più lunga è stata di quattro ore e mezzo e la più corta di quarantotto minuti.
Cercare di aiutare la gente semplicemente ascoltandola al telefono è un modo per dialogare e conoscere in profondità le situazioni di sofferenza degli altri.
Quello che una volta era il campo della confessione o del dialogo spirituale non è sparito, anzi è più vero che mai. Non importa si tratti di pagani o cristiani; la gente ha bisogno di essere ascoltata seriamente, di parlare con qualcuno, desidera riconoscere i propri sbagli, vuole poter uscire da situazioni di stallo, sentirsi riconosciuta, accolta e perdonata per continuare a vivere, sperare e amare.
Il telefono, questo strumento maleducato che mi interrompe quando meno me lo aspetto, e che ha la pretesa di avere la precedenza su tutto, questo strumento che non ho mai amato, recentemente sta diventando per me uno strumento che aiuta qualcuno a vivere e a vivere meglio.
Anche se molto in ritardo mi sono accorto che la "Buona Notizia" del Vangelo può essere trasmessa efficacemente anche ascoltando il telefono.