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Il missionario… scalatore: ''Ho detto sì a Dio per tutta la vita''

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Cari amici, mi faccio vivo dopo lungo tempo per condividere con voi alcuni aspetti della mia vita missionaria a Manila, nelle Filippine. Comincio raccontandovi una storia.

Di chi è quella mano?

Una maestra di prima elementare chiede ai suoi piccoli alunni di disegnare qualcosa che ricordi la gratitudine. Dopo pochi minuti, Felice si alza e consegna il suo disegno. Sul foglio è disegnata una mano.

La maestra cerca di capire di chi sia quella mano. Anche i bambini vedono il disegno e iniziano a commentare: "Penso che sia la mano di Dio, che ci dona il cibo". Un altro aggiunge: "È la mano di un contadino che alleva le galline".

Quando tutti i bambini tornano a tracciare i loro disegni, la maestra si avvicina a Felice e gli chiede: "A chi appartiene quella mano?". "È la tua, maestra!", risponde Felice. La maestra ricorda che alcune volte durante la ricreazione aveva preso per mano Felice. Era una cosa normale per lei e lo faceva con tutti i bambini. Ma quel gesto era per Felice davvero importante.

Il mio "sì" definitivo

Anch'io mi auguro di essere come quella maestra, cioè di essere ricordato dalla gente non per quello che posseggo e posso dare, ma per quello che sono. E quello che sono lo devo a Dio che mi ha chiamato alla vita, per mezzo dell'amore dei miei genitori, e a realizzarmi come missionario.

Il Signore chiama ciascuno di noi a realizzare il progetto di vita che Egli immagina per noi.

Mi sto avvicinando alla conclusione della mia formazione religiosa e missionaria. Il 29 novembre ho fatto la mia scelta definitiva: il "sì" detto a Dio il 6 gennaio 2004, alla presenza di molti di voi, è diventato un "sì" per tutta la vita. Il 3 dicembre, festa di san Francesco Saverio, sono ordinato diacono dal vescovo Tobias della diocesi di Novaliches, a Manila.

Il Signore è stato molto buono con me. Il mio "grazie" va prima di tutto alla mia famiglia per il dono della vita e della fede. Ma questa fede si è nutrita della linfa proveniente dall'intera comunità cristiana della Gazzera: sacerdoti, suore e laici. E ringrazio la famiglia saveriana che mi ha accolto e si è presa cura di me, dandomi tutte le opportunità possibili per comprendere se davvero il Signore mi stava chiamando a questa vita.

Con il giusto... rapporto

Non è tutto... rose e fiori. La vita è un viaggio che richiede fatica, sofferenza, sacrificio e amore. Ma dipende anche da come la si prende. Se devo scalare il monte Grappa in bicicletta, non posso affrontare la salita iniziale, che è molto dura, spendendo tutte le mie forze. Comincerò piano, con il cambio leggero, e cercherò di tenere duro, sapendo che la strada non sarà sempre così ripida e che poi si apriranno scenari nuovi, paesaggi che all'inizio nemmeno immaginavo.

Per me questo è un momento in cui la strada sta spianando: posso voltarmi indietro a guardare il percorso fatto. Vedo che nei momenti di buio non sono mai rimasto solo; le difficoltà mi hanno fatto maturare nella fede e come uomo. Questi due ultimi aspetti si stanno saldando e diventando tutt'uno. Allora capisco un po' di più le parole di Paolo: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me".

Adesso, attraverso la mia vita, posso offrire agli altri il Signore che incontro nella preghiera, nell'Eucarestia e nella gente. Infatti, negli altri vedo il Signore; allo stesso tempo, agli altri porto anche Gesù, affinché la Buona Novella li realizzi pienamente nella loro personalità.

Continuate a pregare per me: so che già lo fate, e ne sento tutti gli effetti. Vi dico solo che spero di vedervi personalmente, in primavera.



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