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Il giardino dipinto del vescovo: Amatevi... Rispettatevi...

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Callisto Vanzin, uno dei discepoli che il Conforti amava, ha scritto: "Nel destino degli uomini l'influenza delle aspirazioni materne hanno un peso imprecisabile forse, ma indubitato". L'occasione di sperimentare questa verità si presentò anche al Conforti nei giorni in cui, giovane prete, mise a disposizione la parte di eredità lasciatagli dal padre, per dare una casa ai suoi giovani missionari.

Don Guido era convinto che il sacrificio di quella somma fosse tutto quello che, in quel momento, poteva fare a favore della missione: "Io non desidero lavorare per altri che per la missione di far conoscere Dio che è Padre di tutti, anche là dove la chiesa è a crescita zero. Non desidero altro che questo; sento che sto facendo il mio dovere, nulla di più".

Una casa, ma senza giardino

Una casa era necessaria a garantire il buon funzionamento della vita comunitaria, alla quale don Guido voleva educare i suoi missionari. Ma non aveva un giardino che indirizzasse i sentimenti dei giovani all'incontro personale con Dio, cuore a cuore. E poi, i suoi missionari dovevano apprezzare tutto ciò che è bello e buono, che evoca l'amore di Dio.

La mancanza di spazio suscitò in don Guido l'ispirazione di ingaggiare un pittore per dipingere il giardino, almeno, sul muro di casa dei missionari. È p. Ceresoli a ricordarlo: quel giardino dipinto teneva vivo in san Guido il ricordo del giardino di sua madre, dove lui aveva vissuto gli anni dell'infanzia.

Il giardino di mamma Antonia

I Conforti abitavano in aperta campagna, nell'azienda di papà Rinaldo. La chiesa parrocchiale era distante, e mamma Antonia aveva formato le convinzioni religiose del piccolo Guido nella pratica della vita, tra il focolare domestico e il giardino di cui lei si prendeva cura. Rimane sempre il ricordo della bellezza che la madre sapeva cogliere nei fiori; l'armonia e l'ordine che nascevano dall'assiduità del potare, innaffiare, rastrellare, curare la crescita di ogni germoglio...

La religiosità dei gesti materni aveva fatto nascere nel piccolo Guido l'idea che quella cura era immagine di un atteggiamento e di una capacità di dono e servizio, che la mamma esprimeva non solo verso le piante, ma soprattutto verso le  persone, verso i poveri che trovavano accoglienza presso la famiglia Conforti. Ora a lui sarebbe piaciuto trovare parole e gesti appropriati per trasmettere questo bene di fede anche ai suoi missionari.

"Fioretti" di finezza umana

Padre Fontana, uno dei missionari che meglio hanno colto la finezza umana di Conforti, raccontava che al fondatore piaceva ripetere ai suoi giovani: "Amatevi come fratelli e rispettatevi come principi". Lui stesso illustrava il senso di tale esortazione invitando ogni anno i giovani a consumare il pranzo di Natale nel palazzo vescovile. Loro che spesso provenivano da situazioni di povertà, erano serviti dal maggiordomo del vescovo in livrea...

Quando il vescovo cominciò a usare la macchina per le visite alle parrocchie parmensi, scelse come autista fratel Giovanni Gemma, perché grande era la stima che il fondatore nutriva nei riguardi dei fratelli coadiutori della sua congregazione. Fratel Isaia Vidale racconta che da giovane saltava perfino la meditazione per leggere le avventure di Pinocchio. "Un giorno il fondatore mi era passato accanto durante il tempo di meditazione. Vedendomi assorto, mi chiese su quale libro stessi meditando. Poi, con garbo, mi fece notare che un buon missionario non confonde la storia biblica del re Davide con le avventure di Pinocchio!".

Quelle scarpette "liturgiche"

Al giovane Achille Morazzoni piaceva molto fare il cerimoniere in cattedrale. All'epoca, il cerimoniale imponeva che all'inizio della Messa pontificale il vescovo sostituisse le scarpe di cuoio con scarpe di raso in colore liturgico. Avreste dovuto vedere i gesti con cui il giovane Achille toglieva le scarpe liturgiche dalla custodia, le liberava dalle palline di carta che davano forma alle punte e le calzava al vescovo! E alla fine, sempre con stile aulico, l'operazione inversa.

Un anno, nella solennità dell'Ascensione, sfilando le scarpe di raso il giovane cerimoniere si rese conto che il vescovo aveva camminato con la pallina di carta nella scarpa destra per tutta la durata del pontificale, senza nulla dire! Achille si rese conto che san Guido accettava ogni sacrificio pur di salvare quell'amore "fraterno" e quel comportamento "principesco" che egli raccomandava ai suoi missionari.

Poiché il sacrificio è l'unica cosa che dà frutti; tutto il resto per san Guido era vanità.



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