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Ho visto le sue orme sulla neve

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Giovanni vede Gesù venire verso di lui e dice: “Ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo”. È accaduto a Giovanni Battista. Oggi accade a noi; anche a me. Dio si avvicina e si manifesta.

Come non sentire il bisogno di gridarlo, quando tanti lo cercano senza conoscerlo? È la risposta a un bisogno profondo, personale e collettivo. Ho visto le sue tracce, come orme sulla neve. Scrivo per rispondere a un debito di luce, da condividere con i miei fratelli. “Il nostro Dio - afferma il beato Conforti - è un Dio d'amore e di consolazione, un Dio che ci fa sentire interiormente la nostra miseria e la sua misericordia infinita, che si unisce a noi nel fondo della nostra anima, che la riempie di umiltà, di gioia, di fiducia e d'amore”.

Ho potuto sperimentarlo, soprattutto sul letto dell'ospedale e nel dolore della guerra in Congo. Con gioia, lo ripeto in un contesto culturale di indifferenza diffusa e di ateismo, assai più vissuto che pensato, che ha fatto di Dio un problema irrisolvibile, fino a gettare l'uomo in una solitudine paurosa.

Il motivo della missione è Dio. Il Dio che in Gesù si è manifestato amore e fratello di tutti, soprattutto di chi è visto come l'ultimo o si sente nulla. Gesù ha iniziato la sua attività pubblica proclamando il vangelo di Dio. Ha svolto quest'attività andando per i villaggi della Galilea, nelle sinagoghe e nelle piazze, nel deserto e per le strade, nelle case e nel tempio, sino alla fine della sua vita terrena: sino alla pienezza dell'amore e al compimento supremo sulla croce.

La missione con la sua gente, il suo carico di croce e di essenzialità mi hanno aiutato a vedere in Dio il centro e il senso della vita.

Voglio esprimere la gioia e la riconoscenza a Dio, con la voce delle comunità congolesi e in particolare dei poveri che mi hanno aiutato a vivere. Penso a papà Mwaka : aveva un tumore e ringraziava il Signore per aver dato, in quel modo, radici profonde all'albero della sua vita. Penso a Thomas , cieco per diabete, morto cantando: “Vieni, Cristo Gesù”. Alla giovane Kafupie a mamma Maria che hanno vinto la malattia mettendosi con fiducia nelle mani di Dio.

Penso a tutti i missionari che con l'itineranza evangelica, continuano l'opera di Gesù. Penso agli uomini e alle donne della comunità impegnati nel servizio dei più poveri, bambini malnutriti, prigionieri, ragazzi della strada, o per la pace e la riconciliazione.

Ti lodo o Signore e ti ringrazio, per queste sorelle e questi fratelli, e per questa chiesa, che sta testimoniando con il sangue il proprio impegno per la dignità dell'uomo e per un nuovo progetto di società. Mi accorgo sempre più quanto la spiritualità - che è ascolto e incontro con Dio, comunione ed espressione del suo essere amore - abbia la concretezza delle cose che ci circondano. È come “una mercanzia molto ricca - scriveva san Francesco Saverio - di cui fanno poco conto quelli che trafficano in Malacca e in Cina”.

La teologia vivente. Il vangelo va letto come si mangia il pane (Delbrêl). È la scoperta del tesoro nascosto; è la lampada accesa. La Parola di Dio non è una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente.

Occorre che questa vita ci conquisti completamente. La grande teologia di cui oggi ha bisogno il mondo è prima di tutto quella vivente , costituita da noi stessi, fatti parola viva di Dio. L'unico discorso che può mostrare agli altri e a noi stessi il Dio di Gesù Cristo è Dio-Trinità: “Che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me e io in te, che anch'essi siano uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”.


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