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Facile aiutare i poveri

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Una domanda dal Bangladesh

Recentemente una suora missionaria del Bangladesh, impegnata nella prevenzione e cura della lebbra, mi scriveva: "Come probabilmente lei sa, "fare la carità" nel modo giusto, non è facile". Bisogna riconoscere che quella suora ha ragione, perché nel campo pratico bisogna avere generosità, pazienza ed attenzione. Pericoli possono saltar fuori forse da parte della gente di cui pensavi di fidarti meglio o da cui non ti aspettavi mai una richiesta di aiuto. Ma la carità va fatta, perché "nonostante i grandi progressi finora compiuti, i bisogni per la missione "ad gentes" rimangono tuttora immensi ed urgenti", come ci ricorda il Papa.

Volevo aggiungere: ospitali e generosi, ma non ingenui! Ai primi tempi della nostra missione in Bangladesh ci mandavano aiuti dagli Usa: latte in polvere, olio, riso, vestiti; che noi distribuivamo a tutti indistintamente. Un giorno si presentò pure il capo stazione d'una città, anche lui a stendere la mano. Il vescovo si meravigliò assai che venisse anche lui e gli chiese il perché. L'uomo rispose: "Ma, padre, non sono anch'io un tuo figliolo?".

Visto poi che la distribuzione degli aiuti, gratis come volevano le organizzazioni che ce li mandavano, creava alla fine dei "fannulloni", esclusi i casi di malattia e d'età, cominciammo a chiedere un piccolo contributo, con un po' di lavoro per opere utili a tutta la comunità della zona. Da principio ci fu una protesta abbastanza vivace; ma dopo accettarono di dare il loro contributo di lavoro, dato che il compenso era molto conveniente.

Nella parrocchia in cui mi trovavo io venne rinnovata la strada che univa il villaggio alla provinciale, con tratti nuovi per renderla più viabile. Quel progetto venne lodato nell'Osservatore Romano, ma il rappresentante dell'organizzazione che ci forniva quegli aiuti, venne cambiato di posto! Tra le numerose opere per andare incontro a tante situazioni di povertà estrema, abbiamo aiutato un bel gruppo di famiglie di un villaggio indu, concedendo dei prestiti per comperare buoi, utili alla coltivazione della terra; prestiti che dovevano restituire entro una data stabilita di comune accordo.

È stato, in verità, un primo tentativo di quel genere e non eravamo tanto fiduciosi che avrebbero restituito il bel tutto, nel tempo stabilito. Ma quel piccolo progetto andò in porto. Alla data stabilita, tutti restituirono il debito, eccetto una famiglia. Allora i capi villaggio si riunirono per discutere la cosa. Decisero di dare in affitto i campi della famiglia insolvente, finché quella non avesse ripagato il debito.

Un'altra famiglia accettò di prendere in affitto quei campi, anticipando la somma da restituire e le cose si appianarono, con nostra grande sorpresa e contentezza! Ci sono stati e ci sono tanti casi di aiuto a mezzo cooperative, necessarie per coinvolgere sempre più la gente ed insegnare loro a camminare con le proprie gambe. Abbiamo avuto buoni risultati. All'inizio la cosa stentava a prender quota. Ricordo che un missionario aveva tentato di metter su una cooperativa di pescatori. Le cose sembravano funzionare.

Solo che un bel giorno si ebbe il tracollo. I pescatori, mogi mogi, si presentarono al missionario e gli dissero: "Padre, oggi avevamo preso un bel po' di pesci, ma poi quelli - non sappiamo perché! - dalla barca sono saltati di nuovo nel fiume!".



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