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Dal diario africano /4: Il divieto di portare la cravatta

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di: Coniugi Ferro.

Nel pomeriggio del 6 novembre ci sono 35 gradi all'ombra. Noi andiamo a Lubarika, una delle diaconie di Luvungi, con un migliaio di abitanti, capanne circolari coperte di frasche, tanti bambini e la scuola. Mentre padre Oliviero incontra i giovani, visitiamo la chiesa che è cadente. Al posto dei banchi ci sono travi e assi. Nella scuola i pavimenti di terra sono sconnessi, i soffitti dondolanti; al posto della lavagna, il muro lisciato.

Lungo la strada ci siamo fermati alla sorgente bollente, chiamata "maji-moto - acqua di fuoco", un tempo sfruttata dai belgi. Ci sono ancora le rovine di un albergo, tenuto da un italiano; per questo la località si chiama "Mino". Incontriamo una grande piantagione di caffè che impiega 400 addetti, il padrone è un greco.

Nella foresta dei gorilla

Il giorno dopo partiamo per Bukavu sulla Rover, alla cui guida si alternano p. Crippa e il signor Emilio. Bukavu è una città con 250mila abitanti, a 1.500 metri d'altitudine. È la capitale della regione del Kivu, adagiata sulle sponde del lago omonimo. È sede vescovile, di consolati, banche, fabbriche di birra e altro ancora. Dopo il pranzo dai saveriani, con magnifica veduta sul lago, giungiamo alla missione di Chimpunda. Da qui partiamo per il parco nazionale di Kauzi-Biega, o dei gorilla.

Entriamo nella foresta di bambù, mogano, ebano, eucalipto. Proseguiamo per altri 50 chilometri verso la missione di Bunyakiri. Prendiamo un caffè e ci affrettiamo al ritorno, per evitare di essere rinchiusi nel parco dalle sbarre dei militari. È quasi sera quando ne usciamo, non senza aver incontrato stormi di uccelli di ogni tipo, branchi di babbuini e grossi serpenti che attraversavano la strada. Pernottiamo a Bukavu e torniamo a Luvungi con tante emozioni e souvenir. Abbiamo percorso circa 400 chilometri.

La vita degli indigeni

Riguardo alla vita e alle abitudini degli indigeni, possiamo dire che la sposa viene "comprata" con due mucche, oppure tre o quattro, se è molto bella. La donna più fa figli, più è stimata. Lavora i campi e accudisce la famiglia. L'uomo, avendola "comprata", se ne serve come vuole. Nei tempi passati l'uomo si occupava di caccia, faceva la guerra contro le altre tribù. Ora, trovandosi senza questo impiego, è diventato indolente...

Nello Zaire, oltre ai cattolici, ci sono protestanti, metodisti, pentecostali, musulmani, animisti e stregoni. A Uvira c'è una grande moschea che è stata finanziata da Gheddafi. I testimoni di Geova non sono ammessi. L'aborto è proibito così come è proibito portare la cravatta, perché ricorda la dominazione belga. Portarla è un'offesa al governo. Gli scolari delle elementari durante le lezioni hanno l'obbligo di indossare la divisa nazionale bianca e blu.

La famiglia saveriana

Con p. Oliviero per strade fangose siamo andati nella diaconia di Nyamutiri. Siamo assediati da un nugolo di bambini. Distribuiamo bonbon, ma ce ne vorrebbero un sacco per accontentare tutti. Ci piange il cuore nel vedere tanta miseria. Nel pomeriggio siamo all'atelier con le ragazze a cucire casacche per i lettori durante la Messa in parrocchia. Ci sono Laurence, Benita e Amour che ci incaricano di trovare un garçon italiano.

Parliamo dei missionari saveriani, del fondatore mons. Conforti, vescovo di Parma, del patrono san Francesco Saverio, evangelizzatore dell'Oriente. Spieghiamo che i saveriani sono presenti in Ciad, Camerun, Sierra Leone, Zaire, Burundi, Messico, Stati Uniti, Colombia, Brasile, Giappone, Indonesia, Bangladesh, Inghilterra, Italia e Spagna. Sono stati anche in Cina, prima di essere espulsi insieme a tutti i religiosi da Mao Tse Tung (ora sono a Taiwan ndr). La sede centrale è a Parma.

Ci sono anche le saveriane, dette "missionarie di Maria". Il loro fondatore è p. Spagnolo, insieme a madre Celestina Bottego, nipote del grande esploratore Bottego di Parma. Le missionarie affiancano i saveriani, aiutano bambini e adulti e danno lezioni di cucito.



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