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Quando si arriva in una nuova famiglia è cosa buona presentarsi. Ecco perché voglio farmi conoscere a voi, amici dei saveriani delle Marche, perché quando verrete nella nostra comunità troverete un volto nuovo, anche se un po’… stagionato.

Sono p. Gianfranco Sana, originario della provincia di Bergamo, rientrato in Italia dalla missione dopo 33 anni di presenza in Ciad e Camerun. Da due anni sono in Italia.

In Ciad con i Mussey

In Ciad, abbiamo continuato l’opera iniziata dai padri Oblati di Maria, missionari francesi, tra il popolo Mussey. È stata la missione più difficile, perché eravamo in mezzo a persone da poco evangelizzate e con una tradizione cristiana ancora agli inizi. Il nostro compito era aiutare i cristiani a consolidare la loro fede, a seguire le comunità nei villaggi e a guidare i catecumeni nel loro cammino verso il battesimo.

La visita alle comunità ci permetteva di conoscere la realtà per poi aiutarle a organizzarsi, scegliendo animatori saggi e catechisti preparati per trasmettere il vangelo a chi desiderava diventare cristiano.

Al lavoro con suore e laici…

Ma, come dice papa Francesco, sono le comunità con il loro stile di vita ad attirare nuovi cristiani. Là dove si viveva il vangelo, si mostrava uno spirito di fraternità, solidarietà, amore fraterno, per poveri e ammalati. E i non cristiani che chiedevano il battesimo erano più numerosi. Ma dove le comunità erano divise e c’erano rivalità di potere o di prestigio, esse non attiravano nuovi catecumeni.

Il vangelo ha permesso di aiutare la gente a vivere meglio. Numerose sono state le iniziative che, insieme a due congregazioni di suore e alcuni laici, abbiamo ideato per far crescere il livello di vita della gente. Le suore seguivano i dispensari nei villaggi, i laici si occupavano dei pozzi, coinvolgendo la gente nei lavori e nel fornire un certo aiuto finanziario.

Il granaio di miglio comunitario

Siccome in Ciad c’è un clima molto caldo, con nove mesi all’anno di stagione secca e tre mesi di qualche pioggia, aiutavamo i cristiani a costruire dei granai comunitari, dove si stoccava una parte del miglio di ciascuno. Fra i Mussey, il miglio è l’alimento base che fa sì che una famiglia viva tutto l’anno. Arachidi, fagioli e qualche erba permetteva di creare il companatico. Solo per le grandi feste (matrimonio o funerali), si uccideva un animale.

Il granaio comunitario garantiva che ci fosse il miglio anche durante la stagione della “soudure” (piogge), che richiede forze per lavorare la terra e preparare il nuovo raccolto.

La trasmissione orale…

A livello di evangelizzazione curavamo molto le comunità di villaggio. Erano numerose e le visitavamo almeno tre volte all’anno, curando la loro formazione con ritiri spirituali, confessioni e verifiche delle varie attività. Inoltre, guidavamo i catecumeni con le verifiche della conoscenza del vangelo e gli incontri di formazione. Era bello ascoltare la gente: adulti, anziani, giovani e ragazzi che raccontavano il vangelo appreso nelle loro riunioni nei villaggi. Infatti, i missionari, prima di noi, avevano inserito l’annuncio del vangelo nella loro cultura attraverso la trasmissione orale. E da loro tutto si trasmette per mezzo della parola.

Quando facevamo le verifiche, era commovente sentire come giovani e adulti raccontassero il messaggio nella loro lingua. Poi c’era tutto il cammino del catecumenato, cinque anni, per lasciare che il vangelo cambiasse la loro vita.

Quella del Ciad è una chiesa giovane e promettente, anche se avanza a piccoli passi. Sono in crescita catechisti, presbiteri e animatori che s’impegnano al servizio della chiesa. Un segno molto incoraggiante per il futuro della chiesa universale.



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