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Conforti Vescovo: Un pastore missionario

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Il  25 aprile 1902, muore a Ravenna, quasi improvvisamente, il cardinale Agostino Riboldi e il 9 giugno, a Roma, nel Concistoro, secondo una formalità prevista dalla tradizione, Leone XIII "propone" Guido Maria Conforti come arcivescovo di Ravenna.

A Ravenna, la "Cina d'Italia"

Prima però, il 16 maggio, si era svolto in Vaticano un "drammatico" colloquio tra Leone XIII e Conforti. Chiamato d'urgenza a Roma, il Papa lo trattiene a lungo e lo incoraggia, cercando di convincerlo che Ravenna aveva un grande nome, un grande passato, ma che ora la situazione era ben diversa. Occorreva un missionario, perché la fede era scomparsa in molti cuori. "So che volevate andare in Cina: ebbene, Ravenna è la Cina d'Italia".

Mons. Conforti entra in diocesi di nascosto, per evitare possibili dimostrazioni anticlericali. Scende alla stazione di Godo, di notte, eludendo così l'aspettativa di quanti volevano accoglierlo. Giunge in episcopio alle dieci di sera  e il suo arrivo è scoperto soltanto da un gruppo di giovani del circolo cattolico ai quali dice: "Ora sarò vostro per tutta la vita".

Un compito lasciato a metà...

Il programma pastorale del nuovo vescovo di Ravenna ha obiettivi precisi, ispirati dal vangelo e già presenti nella sua prima lettera di saluto al popolo della diocesi ravennate (11 giugno 1902): "Esortare, scongiurare, riprendere, essere infermo con gli infermi, piangere con chi piange, farsi tutto a tutti per condurre tutti a Cristo. Non avere in vista altro che Dio e la sua gloria ed il bene dei fratelli, sacrificare, se occorre, la salute, la pace, la vita stessa per la salvezza altrui... Eccovi in breve i doveri del pastore evangelico".

Dove la scristianizzazione imperversava senza sosta era nelle campagne e soltanto lo zelo e la dedizione dei parroci poteva arginarla. Ci volevano sacerdoti pronti al sacrificio, fortemente legati ai superiori e uniti fra loro. Il nuovo arcivescovo in breve tempo avvia un processo di riforma del seminario.

Mons. Conforti inizia anche la visita pastorale, secondo il più classico modello tridentino; un'esperienza che però non riesce a portare a termine. Ben presto deve affrontare seri problemi di salute (sbocchi di sangue) e il 10 agosto 1904 scrive al Papa la lettera di dimissioni da arcivescovo di Ravenna.

Il ritorno a Parma e la nomina a vescovo

Conforti si ritira presso la sua fondazione missionaria a Parma, abbandonando le insegne episcopali e partecipando in pieno alla vita comunitaria dei suoi figli in formazione. Recupera in salute e si rende sempre più disponibile alle richieste di ministero episcopale da parte del vescovo Magani. Il suo impegno principale, però, rimane sempre la formazione missionaria dei suoi allievi. Conforti forma i suoi novizi soprattutto attraverso incontri personali con ciascuno di loro, almeno una volta alla settimana. Nel 1905 padre Pietro Uccelli del suo "veneratissimo" formatore dice che è un secondo don Bosco.

Mons. Magani, ormai vicino agli ottant'anni, chiede a papa Pio X un vescovo coadiutore con diritto di successione e la sua scelta cade su mons. Conforti. Non erano ancora passati tre mesi dalla nomina a coadiutore che mons. Magani muore per infarto. Era il 12 dicembre 1907. La cattedra di Bernardo degli Uberti aveva già un nuovo titolare.

Dei 24 anni di episcopato parmense del Conforti desta ammirazione tutta la mole di lavoro che riusciva a portare avanti, tenendo presente che era anche superiore generale della sua congregazione, con le preoccupazioni per i suoi missionari in Cina, e per un decennio presidente dell'Unione missionaria del clero.

Sempre pronto a partire e a parlare

Padre Callisto Vanzin, biografo e testimone oculare, di Conforti ha scritto: "Bastano poche cifre per descrivere il suo episcopato parmense: cinque visite pastorali alle trecento parrocchie della diocesi e quindi molte migliaia di chilometri fatti a piedi, a cavallo, in carrozza e in automobile sulla pianura padana e sugli Appennini parmensi; migliaia di prediche, omelie, conferenze a ogni categoria di persone e in ogni circostanza; migliaia di lettere ai suoi sacerdoti, ai confratelli d'episcopato, alla Curia romana, a tutti quanti si rivolgevano a lui per bisogni materiali e spirituali; migliaia di udienze concesse senza discriminazione a tutti quanti bussavano alla sua porta; migliaia di adunanze per la discussione dei programmi, per la soluzione dei problemi generali e particolari... Il vescovo deve essere sempre in piedi, sempre pronto a partire, a parlare, ad alzare la mano benefica e benedicente. Tutti lo vogliono, tutti lo pretendono, lo implorano, lo esigono" (Vanzin V.C., Un pastore e due greggi, ISME, Parma, 1950, 164-165).

Grande promotore di pace

Gli anni dell'episcopato di Conforti a Parma sono stati marcati da profondi cambiamenti socio-politici, che ebbero come fatti centrali la prima guerra mondiale e la presa di potere da parte del fascismo.

In mezzo alle continue lotte e ai numerosi disordini sociali di cui era testimone, Conforti non rimane a guardare e nulla lascia di intentato perché ritorni la pace. Famoso è rimasto l'incontro con il fascista Italo Balbo quando ci si aspettava l'inizio di una cruenta battaglia in città. Ai parmensi scrive un messaggio: "Dico a tutti in nome del bene comune: deponete le armi ed ogni atteggiamento bellicoso e fate sacrificio degli odi scambievoli sopra l'altare della pace e della concordia per l'amore che dovete alla patria nostra... Pace, fratelli, pace!".

Tutti certo non ascoltavano la sua parola, ma a tutti si rivolgeva con l'esempio di una costante pratica delle opere di misericordia. A tutti parlava con il linguaggio di quell'amore energico che partiva da Cristo. Il cuore missionario del Conforti si manifestava attraverso un instancabile annuncio di Cristo, con la vicinanza ai peccatori, con la predilezione per i poveri e gli emarginati.



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