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Chiamati alla missione, Missione: acqua e sangue

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Faccio un po' di catechismo a un giovane rumeno che, pur essendo battezzato, non ha ricevuto in famiglia nessuna istruzione religiosa.

Mi ha fatto una domanda strana: “I dodici apostoli sono stati battezzati? Se erano ebrei, quando sono diventati cristiani?”.

La mia risposta è stata un po' tortuosa. “Quasi tutti - ho detto - avevano ricevuto il battesimo di Giovanni, un segno di conversione che li preparava ad accogliere la buona notizia del regno di Dio. Poi hanno seguito Gesù. Gli hanno detto sì quando li ha chiamati a lasciare la casa e il lavoro per stare sempre con lui. Si sono legati alla sua persona e hanno ascoltato, con tanta difficoltà, il suo vangelo. Sono passati attraverso la sua passione e la sua morte, tradendolo, rinnegandolo, abbandonandolo, ma continuando ad amarlo. Hanno esultato per la sua risurrezione e hanno ricevuto il dono dello Spirito, che faceva di loro i suoi testimoni nel mondo. Infine sono morti come Lui, dando la vita per il vangelo. Tutto questo è stato il loro battesimo, un battesimo prolungato nel tempo, lento di anni, che ha fatto di essi i primi cristiani”.

Il martirio dei missionari è qualcosa di simile. Anzitutto, è legato al battesimo , quando veniamo crocifissi con Cristo per morire della sua morte, così che la sua vita metta radici in noi. Ogni battezzato è chiamato al martirio, che è una fedeltà fino in fondo , un'obbedienza fino in fondo .
Poi è legato al sì della vocazione . Quando il giovane o la giovane (e anche il prete, il frate, la suora, le persone sposate…) rispondono alla vocazione missionaria, mettono in conto il dono della vita fino al sangue. Dono che può avvenire in mille modi, con tempi lenti o repentini, nell'attimo di una fucilata alle spalle, di una sbandata della motocicletta…, ma anche nell'accettazione missionaria di una malattia che porta fino alla fine il processo della “partenza”.

I martiri saveriani. Ho ripreso in mano, in questi giorni, il libro “Con loro, sempre”, rapidi e toccanti profili di missionari saveriani martiri della carità pastorale : Caio Rastelli, Giovanni Botton, Luigi Carrara, Giovanni Didonè, Vittorio Faccin, Mario Veronesi, Valeriano Cobbe, Alberto Pierobon, Salvatore Deiana, Aldo Marchiol, Ottorino Maule. Cina, Congo, Bangladesh, Brasile, Burundi.

Dal 1901 al 1995. Padre Rastelli muore di stenti e di tifo. Padre Botton squarciato al ventre da una baionetta. Padre Carrara, padre Didonè e fratel Faccin colpiti al petto o alla fronte dalla pistola del sanguinario colonnello Masanga. Padre Veronesi vittima della guerra civile nella missione di Jessore. Padre Cobbe assassinato da chi voleva sfruttare la miseria e lo stato servile della gente. Padre Pierobon e padre Deiana fermati sulla strada in quel servizio dei deboli che dà fastidio a chi si sente forte. Padre Marchiol e padre Maule, uccisi, insieme alla volontaria laica Katina Gubert, perché predicavano contro l'odio etnico.

L'elenco andrebbe aggiornato di continuo. Aggiungerei i nomi di Giuseppe Arnoldi, Sebastiano Tedesco, Marco Mattiazzi, Simone Vavassori, Giuseppe Mauri, Luciano Ghini e di tanti altri...

Testimoni d'amore. Uccisi dalla malattia o da incidenti legati alla loro generosità apostolica, sono tutti testimoni di un amore così forte che mette in conto la morte come prezzo da pagare perché molti abbiano la vita. Quando la morte è accolta e religiosamente baciata come unione alla croce di Gesù per la salvezza del mondo, essa è l'atto supremo della consacrazione battesimale ed è sempre missione e martirio.



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