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Chi non amerebbe questa immensa bellissima Amazzonia?

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Padre Nicola Masi racconta

Padre Nicola Masi, nativo di Priverno (LT) è da 24 anni missionario in Amazzonia. Per tanti anni ha insegnato teologia morale ai giovani Saveriani che, a Parma, nella Teologia Internazionale, si preparavano al sacerdozio missionario.

Vita nella Favela

Mi hanno chiesto di parlarvi della mia Amazzonia. Dico mia, perché da 24 anni mi sento là, a casa mia. C'ero andato per assistere gli studenti universitari di Belém, quando un giorno, a caso, sono cascato dentro una "fave la". Era una vera palude, nella quale confluivano gli scoli della città. Calcolai circa trentamila i nuovi amici che incontrai e con i quali convissi per diciotto anni, abitando come loro su una palafitta.

Non avevamo neppure una cappella, ma sin dall'inizio cercammo di creare degli spazi di incontro, quattro Centri comunitari, dove ci radunavamo per discutere, divertirci, pregare. Volevamo che tutti si sentissero a casa, che nessuno del bairro, si sentisse escluso. Avevamo inventato uno slogan che diceva: "Il nostro centro è la periferia".

E cominciammo a lottare per avere acqua potabile, luce, scuola. Poi esigemmo dalle autorità una bonifica del luogo. Fu scavato infatti un grande canale, per raccogliere le acque e si cominciarono a costruire delle strade, abbattendo i ponticelli marci e pericolanti. Costruimmo la chiesa di s. Francesco Saverio. Dopodiché mi parve arrivato il momento di dare l'addio alla mia amata "baixada". Fu così che mi spostai ad Abaetetuba.

Nella terra degli uomini forti

Abaetetuba, che significa "la terra degli uomini forti", ha 80.000 abitanti, adagiata sulle rive del fiume Tocantins e circondata da decine di isole. Più che di fiumi, in quest'immensa Amazzonia, bisogna parlare di mari. La visione è stupenda, completamente differente dalla baixada di Belém: la gente è buona e affettuosa. Purtroppo la situazione socio-economica è spesso tragica.

Molti bambini sulla strada, molti giovani disoccupati, con grande pericolo di darsi alla malavita, alla droga, alla prostituzione, all'alcool. La diocesi è grande quasi come il Belgio, ma ci sono solo 20 sacerdoti. Per cui è indispensabile chiedere l'aiuto ai laici. Bisogna dire che senza di loro riusciremmo a fare poco o niente. Sono i laici infatti a dirigere le 500 comunità sparse nel territorio, a fare i ministri della Parola, la catechesi. Ma bisogna preparar li, aiutarli, incoraggiarli.

E ciò richiede tempo, ma più ancora richiede molto amore. Voglio dirvi quanto io li ami questi miei laici e quanto io ne resti edificato.

Madre di tanti figli

A Belém visitavo spesso vecchi, poveri, malati. Un giorno incontrai al capezzale di un malato una donna. Domandai se era parente. No, era solo una vicina che si era presa cura del vecchio,dato che era rimasta sola e  doteva aiutare chi si trovava in necessità. Poi mi raccontò che era stata maestra in un villaggio sperduto. Aveva sei figli. Un giorno una scolaretta cadde svenuta durante le lezioni. Era fame.

Allora la maestrina la tenne con sé, come una figlia. Poi ne prese un'altra, poi un'altra ancora. Insomma arrivò a sei nuovi "figli". Ora era contenta poiché li aveva sistemati tutti e si sentiva libera per aiutare altra gente.

Don Bosco in gonnella

Il secondo fatto mi è successo ad Abaetetuba. La città è piena di ragazzi che vivono per strada. La diocesi ha creato la "Casa del Minore" con più di mille ragazzi. A dirigere quella casa c'è la signora Suely, quella che noi chiamiamo il s. Giovanni Bosco in gonnella. Quando compì cinquant'anni il marito voleva farle una grande festa. Lei si mostrò felice, ma chiese di poter scegli ere i suoi invitati. Fu così che volle attorno alla sua tavola 50 meninos de rua.

Li rivedo ancora quei cinquanta bambini con gli occhioni pieni d'incanto, felici di partecipare alla festa della loro "mamma". Chi non amerebbe gente così? E come non pensare che simili miracoli sono opera di quel Dio che ama i suoi figli con amore infinito?



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