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Siamo a Goma, nel Kivu, regione della Repubblica Democratica del Congo. Ci sentiamo a casa: davvero siamo una sola famiglia, qui come a Parma. La vita scorre nella normalità - così sembra - ma si respira l’aria di un tempo difficile, soprattutto d’incertezza. Che cosa accadrà domani? Ma come in famiglia, i rischi non si calcolano.

C’è stata tanta sofferenza nella comunità congolese di Goma, a cui da tempo siamo legati. Occupazione armata, strade con barriere di gruppi armati diversi, violenze e fame hanno reso la vita  difficile. Ma Goma ci sorprende con la sua vitalità. Una città-villaggio in cui le relazioni sono alla base di una convivenza e di una solidarietà che manifesta il valore della cultura africana.

Ascoltiamo la nostra gente

Ascoltiamo testimonianze, incontriamo amici, viaggiamo su quelle strade che si rivelano fonte di vita per il piccolo commercio, i trasporti, gli scambi che permettono la sussistenza. Incontrando la gente si toccano con mano i problemi del quotidiano.

La disoccupazione è normalità; per chi lavora i salari sono scarsi: 50-60 dollari al mese; fortunato chi guadagna qualcosa di più. Ho chiesto i prezzi di alcune cose necessarie. Un sacco di carbone 30-40 $; fagioli 60 $: riso 80 $; zucchero 60 $; olio, un bidone 30 $...; l’affitto medio mensile è di 25 $. Nonostante tutto, resta il sorriso, l’aria, il sole, la vegetazione sempre bella.

Il governo centrale è debole e compromesso con interessi di gruppo e di multinazionali. I gruppi armati sono vari: gruppo FDLR, erede del genocidio ruandese; c’è chi collabora con il regime ruandese e chi lotta per la liberazione del territorio; ma il gruppo più temuto è l’M23, costituito inizialmente da militari disertori, appoggiati chiaramente da Kigali (Rwanda), che ha forti interessi nel commercio illegale delle miniere congolesi, a cui tutti attingono.

È incredibile che questo avvenga dopo tutte le denunce della commissione degli osservatori dell’Onu per i diritti umani. Ci viene detto che forte è l’impegno delle donne, degli studenti, dei motards sui loro moto-taxi, e soprattutto della popolazione che parla apertamente.

Incontriamo i nostri missionari

Incontriamo i missionari saveriani, le suore piccole figlie, la laica missionaria di Parma Luisa Flisi e altri volontari. Ringrazio il Signore per i missionari: sono una presenza del vangelo vivente. Partecipando alla Messa in cattedrale, in occasione della morte di un giovane sacerdote, ho modo di vedere la comunità  cristiana riunita: vescovo, sacerdoti, fedeli di tutte le tribù.

Sento la forza viva del vangelo, la sua forza di aggregazione, la concretezza di una rete che arriva in tutti gli angoli della diocesi. Costituisce un collegamento valido ma sempre rischioso, perché il territorio è controllato da gruppi armati diversi.

Parlando con vari esponenti, colgo un sentimento comune che li unisce: c’è una chiara determinazione della gente e dei militari congolesi per liberare il territorio. Cadono bombe… I combattimenti sono nelle vicinanze dei villaggi Mutaho e Kanyaruchinya, che ero solito visitare perché nell’ambito della nostra parrocchia.

Incontriamo gli sfollati nei campi

Moltissimi sono gli abitanti costretti alla fuga. Li incontriamo visitando i campi degli sfollati, in gran parte contadini, accampati in piccole capanne, tra sassi e sterpaglie, sprovvisti di tutto. La loro situazione è durissima. C’è incertezza nella città… Ma la vita riprende presto come d’abitudine. Impariamo dai commenti della gente la solidarietà di uomini e donne, soprattutto dei motards, che trasportano acqua e cibo ai soldati congolesi che combattono al fronte vicino. Sono davvero decisi e coesi per liberare la regione dal gruppo armato M23.

P. Silvio Turazzi a Goma con Lino di Viadana (MN) e la missionaria Luisa Flisi (secondo e terza da sinistra)

Preghiamo insieme per i soldati morti: sono tutti vittime di una guerra assurda. Comprendiamo che si sta “voltando pagina”, sta avvenendo qualcosa di importante. Anche Kabila, il presidente “compromesso”, è costretto ad accettare la reazione della gente.

Le armi - ne siamo confermati - non sono la prima forza che i congolesi stanno usando, ma la concordia e la solidarietà della grande maggioranza della gente.



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