Bujumbura: parrocchia missionaria
Si è concluso il forum di tutte le comunità della missione di Kamenge, quelle della montagna e quelle della popolosissima bidonville. L’intera settimana è stata dedicata ai dibattiti. L'idea di dare spazio e ascolto a tutti i cristiani è di p. Mario Pulcini, che ha deciso di accogliere le loro domande più frequenti. Ora la gente è tornata alle attività di ogni giorno con nuove consapevolezze sul modo di vivere la fede.
Non dimenticherò più l’Eucaristia finale. La gente era troppa per trovare posto. Abbiamo dovuto innalzare dei teloni per riparare dal sole coloro che non erano riusciti a entrare in chiesa. All’offertorio, tra canti di festa, si è snodata una fila interminabile di donne e di uomini a deporre ai piedi dell’altare cesti di riso e banane, di uova e pomodori, di cavoli e patate, sacchetti di sale e di zucchero, bottiglie di olio rosso di palma. Ma anche gli altri, tutti in movimento a deporre la propria offerta in denaro, dentro ai cesti tradizionali.
La colletta era destinata a liberare alcuni malati degli ospedali. In Burundi c’è la consuetudine di incatenarli al letto dell’ospedale fino a quando le loro famiglie non abbiano reperito i soldi per saldare la fattura della degenza.
Tutti sembravano consapevoli di essere strumento della tenerezza di Gesù, il grande Guaritore, verso i malati e i miseri.
Al conteggio finale, la processione offertoriale ha prodotto 250 euro in denaro e un quantitativo di viveri sufficienti per il pasto in un intero reparto di ospedale.
Vicino a me, sedevano anche il dottor Cornelli, sua moglie e due figlie, in Burundi per le vacanze annuali. Il dottore mi ha sussurrato: “Mi chiedo: come fanno questi uomini e queste donne a trovare il modo di pensare a chi sta peggio, quando loro non hanno ancora risolto i propri problemi primari?".
Alla Comunione, i tamburi e i canti ci portano oltre il ritmo e la melodia, dentro la dimensione della libertà spirituale. "Incredibile!" - ha sussurrato di nuovo il dottor Cornelli. "Se non partecipi a una Messa come questa, è impossibile capire come il canto e la musica introducano l'africano a fare esperienza concreta di libertà e di accoglienza.
Anche se le urgenze della sopravvivenza non permettono agli africani di varcare la soglia della miseria, il loro animo è davvero grande!
Noi occidentali arriviamo alla libertà per via del possesso. Pensiamo di essere liberi quando facciamo quel che vogliamo e disponiamo a piacimento delle cose nostre. Ma una libertà che apre all’accoglienza per noi occidentali oggi è veramente difficile...".