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''Usciamo dalle nostre sacrestie'', Intervista a mons. Luigi Moretti

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Mercoledì 24 novembre 2010, mons. Luigi Moretti, arcivescovo di Salerno, ci ha accolto per dialogare fraternamente sulla missione. È stato un "faccia a faccia" semplice, ma profondo. Siamo felici di pubblicare l'intervista, che rivela l'anima missionaria della chiesa Salernitana e del suo vescovo.

Cos'è la missione per lei?

È condividere qualcosa di bello che uno vive perché l'ha ricevuto; è condividere Cristo risorto; è apertura agli altri. La missione non è un'imposizione, ma un'esigenza. E quindi il missionario è colui che, avendo fatto esperienza di Cristo, lo annuncia e lo condivide con tutti.

Come vive il mandato missionario?

Sento molto l'esigenza di riproporre la presenza di Gesù e annunciare Cristo che ha vinto la morte. Come vescovo, in particolare, sento che devo aiutare una chiesa intera per essere luce che illumina. Sento mio il mandato degli apostoli: andate, annunciate, fate conoscere a tutti la Buona Novella. Non dobbiamo chiuderci tra noi, ma farci carico di chi non conosce Cristo. Mi sento fortemente motivato nel servizio della missione. So di essere inviato per aiutare la comunità a crescere nella relazione vera con Gesù.

Come si diventa testimoni di Gesù?

Prima di tutto, dobbiamo accogliere Gesù come Signore della vita e scoprire che gli altri non sono nemici, ma fratelli amati da Dio. Poi, quando ci accorgiamo che la povertà delle persone non è solo sociale ed economica, ma è anche mancanza di verità, dobbiamo aver cura di loro. Non posso fermarmi alla solidarietà, ma devo arrivare alla carità: riconoscere Cristo nel volto dei poveri.

La chiesa locale è missionaria?

Ho trovato in diocesi una sensibilità missionaria molto diffusa, anche grazie alla presenza dei saveriani. Credo che debba essere risvegliata non solo l'attenzione legata al missionario, ma anche alla missionarietà come caratteristica di vita. Dobbiamo uscire dalle sacrestie e avere come orizzonte la missione universale, perché molti vivono a prescindere da Gesù.

E i nostri giovani?

Con loro ci deve essere un rapporto di formazione. Dobbiamo aiutarli a vivere come cristiani autentici. I giovani d'oggi hanno tante sfide per essere cristiani: la scuola, gli amici, il tempo libero... Ciascuno di noi, e loro in particolare, deve rendere ragione della propria fede.

E le famiglie?

La famiglia è un laboratorio di relazioni che si vivono nell'amore. Dobbiamo aiutarle a capire che l'amore è gratuità, apertura, servizio. Ci sono famiglie che sentono il bisogno di partire in missione. È un segno che coinvolge la ragione dello stare insieme. Non dobbiamo guardare solo alle difficoltà delle famiglie, ma anche alle opportunità che esse hanno.

I missionari nella chiesa locale...

La presenza dei missionari è una testimonianza e un richiamo che Gesù è per tutti. Devono essere animatori della chiesa, che non finisce a Salerno. Tanti fratelli condividono il cammino cristiano con noi. I missionari ci aiutano a metterci in relazione con chi, da varie parti del mondo, arriva da noi. È importante fare servizio di accoglienza e proporre nella dimensione caritativa l'annuncio del messaggio cristiano. Come può uno dire "sì" a Gesù, se nessuno glielo annuncia?

Il ruolo del centro missionario?

Vedo che c'è una crescente sensibilità missionaria. Il ruolo del centro missionario è di aiutarla a crescere sempre più. Non è solo legame con una persona, ma attenzione alla presenza missionaria della chiesa nel suo insieme. Bisogna favorire le occasioni per conoscere di persona certe situazioni, anche attraverso i viaggi in missione, inseriti nel cammino educativo della chiesa.

Ha incontrato i missionari?

Sì, essi sono per me un richiamo a non sentirmi vescovo solo di Salerno; mi fanno capire che porto la responsabilità di tutta la chiesa. Il missionario deve essere appassionato di Gesù Cristo dappertutto. Auspico che la presenza dei missionari sia più diffusa, affinché ci sia un'attenzione maggiore alla missione nel cammino della nostra chiesa.



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